Sì, ma come finisce poi la storia del Limone?
Un momento che te la racconto. Sono un po’ in ritardo ma mi sono accorta, anche, di non avere una foto decente del Protagonista, e allora ho aspettato di essere a casa – una buona volta – in orario diurno, per poterla scattare.
Che si diceva? Ah, sì: che la tragedia scoppiò quando la famiglia, ormai cresciuta, decise di trasferirsi in una nuova casa.
Il Limone aveva ormai un vaso imperiale, e questa fu la ragione per la quale, durante il trasloco, venne lasciato indietro. Mica per sempre, s’intende, e mica da solo: c’erano con lui altre piante troppo grosse per l’auto di famiglia. “Vengo a prenderti presto”, gli disse la donna dolcemente, e il Limone fece fremere le foglie.
Passarono i giorni e poi le settimane e, tra uno scatolone e l’altro, un giorno la donna tornò nella vecchia casa per delle faccende. Scese a controllare le piante rimaste indietro e…
Quasi ci restò secca (pure lei).
L’amato Limone.
Completamente.
Rinsecchito.
La donna non credeva ai suoi occhi. Piangeva e piangeva – la coccodrilla! – e chiedeva a gran voce “Ma come è possibile?” Pensava addirittura di aver sbagliato pianta, ma non era così: quello era proprio il Limone e il fattaccio era successo davvero. Un po’ di disorganizzazione, un malinteso, il generale rincoglionimento da trasloco. Fuori dalla grazia di dio, la donna accusò il giovanotto gentile di non essere più gentile, di averglielo fatto apposta, di essere geloso perché lei aveva da badare al piccolo. Lui aveva detto che avrebbe pensato alle piante, non lo aveva detto forse? Come aveva potuto farle questo? Come aveva potuto smettere di occuparsi di loro, creatura e gatte e Limone e lei stessa? Forse non li amava più? Questa era la spiegazione, ovvio, non li amava più!
La donna lacrimava in ginocchio davanti al vaso; accarezzava i rametti secchi e controllava se erano secchi per davvero, se per caso non ci fosse ancora una goccia di vita da qualche parte, un po’ di verde, un ramoscello flessibile che denunciasse una traccia d’umidità. Il giovanotto diceva che le avrebbe comprato un altro limone e la donna rispondeva delle cose brutte (dopo aver chiuso le orecchie alla creatura, s’intende). Il mondo era un posto più brutto, e un po’ più triste, perché il Limone non c’era più.
Non c’era proprio più niente da fare.
La donna smise di piangere e d’insultare il giovanotto. China sul caro Estinto, staccò ramo secco dopo ramo secco fino a quando, di quel povero Limone, rimase solo un tronchetto spinoso. Poi si sedette a terra e dichiarò “Non ce la faccio a buttarti via, Limone”. Con il cuore pesante spinse il vaso in un angolo della terrazza e giurò che non avrebbe mai più avuto un Limone.
Nessuno sa cosa spinse la donna, giorno dopo giorno, a versare una tazza d’acqua nel vaso divenuto tomba. Ma la spiegazione è banale: è cosa risaputa, infatti, che la testa della donna sia più dura di un ciocco di rovere.
E una sera successe qualcosa.
La donna si recava in terrazza alla fine di ogni giornata per bagnare le piante superstiti, e anche quella sera riempì gli annaffiatoi e fece il giro di tutte. C’erano pomodori, zucchine, erbe aromatiche, insalate e anche fragole, e poi i gerani e i trifogli ereditati dalla nonna. Si era portata nella nuova casa un pezzo d’orto e ne ricavava ancora una certa felicità. Il suo sorriso si spegneva solo davanti al vaso-tomba del povero Limone; ma quella sera, versando il suo tributo d’acqua, la donna notò qualcosa di diverso.
Qualcosa di verde.
Qualcosa di molto, molto piccolo, ma inequivocabilmente verde.
Tipo un bitorzolino, e non uno solo.
Sul tronco secco erano sparse, come da una mano delicata, una serie di piccole protuberanze verdi. La donna cacciò un urlo. Il giovanotto gentile si precipitò in terrazza, seguito dalla creatura. Pensarono ad una muffa o ai pidocchi verdi ma, inforcati gli occhiali, scoprirono che non si trattava di niente del genere. Oh Gesù Salvatore dei Tronchi Secchi, Oh Nostra Signora dei Limoni Miracolati: quelli erano proprio dei germogli.
La donna abbracciò il giovanotto. La creatura si infilò tra loro due, come al solito. Le gatte fecero le fusa. E qui viene la parte in cui voi, fedeli lettori, dubiterete di ciò che sostiene il Limone, e della verità di tutta questa storia.
Avrete già capito che i germogli divennero rametti, e poi spuntarono le foglie, e un paio d’anni dopo tornarono perfino, contro ogni previsione, dei piccoli frutti verdi.
Sono passati altri mesi e sostiene il Limone di essere sempre se stesso: il Limone più amato e fortunato del mondo, nonostante tutto, anche se gli è toccato in sorte di vivere con una disgraziata. Solo che ormai, quando sostiene qualcosa, non gli crede più nessuno: ha perso credibilità, se non per la parte che riguarda la Fortuna e l’Amore. E il profumo d’agrume che sprigiona dalle sue foglie.
Anche se tutti continuano a chiamarlo Limone.
E se qualcosa si può imparare dalla storia di questo Limone, è che non c’è mai niente di sicuro nella vita: a volte credi che qualcosa sia morto, e invece non lo è. Oppure credi di amare un Limone, e ti ritrovi con un Arancio Amaro.
I soliti bene informati dicono che c’è una spiegazione scientifica, che ha a vedere con innesti e trapianti. La donna fa spallucce, in fondo non gliene frega niente. Dice che le sembrava una bella storia, e che voleva solo augurarvi, nel freddo di gennaio, che ogni nuovo anno sia profumato e dolce e succoso.
Come un inaspettato frutto dell’inverno.