Il 12 giugno mia madre ha ritirato in copisteria la stampa rilegata della prima versione di «Cristallo». Mi credete se vi dico che da quel giorno non sono più riuscita a riprenderla in mano? Sorge un sospetto. Forse inconsciamente sapevo che…
«Il mio romanzo è ‘na palla.»
Così esordisco nella mia telefonata alla Erica, la mia amica/editor/compagna di merende, santa donna, che come ogni santo che si rispetti dovrebbe avere una chiesa dedicata e una casella nel calendario. O almeno una via. Via Santa Erica degli Autori Disperati. La chiamo dal baretto in spiaggia nel quale mi sono rifugiata, sfuggendo alla famiglia e all’appiccicume della crema solare, per lavorare una mezz’ora alla mia prima stesura.
«’na palla in che senso?» replica senza scomporsi.
«Boh, ‘na palla. E se mi rompo le scatole io, a leggerlo, figurati un lettore…»
Pausa di silenzio.
«Non è che hai scritto una storia drammatica?»
Ci penso un momento. Non saprei. I temi sono spessi, questo sì, e la storia non è comica. Ma si piange già abbastanza, nella vita, e io nella mia storia voglio un raggio di sole. La voglio seria, sì. Drammatica, no. Menosa, meno che meno.Quindi mmmgnò, diciamo di no. Non voglio scrivere una storia drammatica, e se l’ho scritta non era mia intenzione. Sigh.
Non sono disperata, però. Ho in mente uno straccio di soluzione. Devo alleggerire, ma come? Una nuova linea narrativa? Inserire un nuovo tema? Uso i personaggi secondari?
Il problema, spiego a Erica, è che non ce la faccio più a sopportare le menate di Anna. Per i non-milanesi: la menata sarebbe, tipo, una pippa mentale. Anna, poverina, ha preso una scuffia ossessiva per un tizio non esattamente raccomandabile. Poi ha qualche altro problemino, il che le dà tutto il diritto di farsi qualche menata. Ma ragazzi, se io che sono la sua mamma sono stufa di sentirla…
«Ti serve un comic relief!»
Eggià.
E perché non ci ho pensato io?
Avete presente «Il Re Leone» di Disney? È una storia piuttosto spessa. Un giovane leone si auto-esilia dal suo branco, convinto di essere colpevole della morte del padre. Una storia di crescita, vendetta e riscatto.
…in un film per bambini?
Certo. Intanto, i bambini sono bambini, non stupidi in miniatura. E poi basta infilarci Timon, Pumba e anche Rafiki, che cura le menate di Simba a mazzate in testa,
e la storia diventa subito digeribile. Non solo digeribile, ma bella, pure (anche se sticavoli, io non mi sono ancora ripresa dalla morte di Mufasa).
Forse anche le mia Anna ha bisogno di qualche mazzata terapeutica?
Erica improvvisa, butta lì una scena che mi provoca nel cervello uno spettacolo di fuochi d’artificio che neanche il 4 luglio. Nel pomeriggio, appena riesco a rimettere le mani sul mio PC, apro Scapple, faccio doppio click proprio nel centro dello schermo e scrivo un nome. E nel pieno del suo fulgore, signore e signori, mi si presenta…
Non ve lo dico.
Mica vi posso raccontare proprio tutto, no? Però posso dirvi che ho riempito un’altra mappa mentale con vita, morte e miracoli di questo nuovo personaggio, che ha cominciato a parlare e pare non abbia alcuna intenzione di tacere. Almeno per il momento. Quanto a me, ho sperimentato quella sorta di beatitudine scrittoria che ti prende quando, come per magia, tutti i pezzi vanno al loro posto e l’immagine da frammentaria diventa chiara, unica. Una volta tanto.
Pochi giorni dopo ho terminato la rilettura in questa nuova ottica e adesso vi posso dire che no, il romanzo non è una palla.
O magari lo è. Ma se non altro adesso posso dire con certezza che esiste, sulla faccia della terra, almeno un lettore a cui piace da morire.
Io.
Che cosa ho imparato da questa faccenda
- La revisione può essere dolorosa. Non è bello scoprire che nella tua creatura c’è qualcosa che non va. Vale anche per i romanzi.
- La revisione può essere dolorosa, ma non è una tragedia. Anne Lamott, nel suo «Bird by Bird», dice che bisogna accettare di scrivere «shitty first drafts». Prime stesure che, ehm, puzzano un po’. Poi bisogna mettersi i guanti, infilarci le mani e cominciare a pulire. Se siete sicuri che la vostra prima bozza va bene così e non siete Lee Child, potreste avere un problema.
Esiste la possibilità che la storia sia irrecuperabile? Ovvio che sì. Ma per stavolta non ne parliamo. - Serve un altro paio d’occhi per guardare la propria storia. E devono appartenere a qualcun altro. Lo abbiamo già detto quelle dieci-dodicimila volte che l’editing professionale è necessario, vero? Lo ripetiamo. Soprattutto se pubblicate in self, non potete farne a meno, rassegnatevi. Se non potete permettervelo, trovate almeno dei lettori beta, una professoressa di italiano in pensione, la zia secchiona, quello che volete. Ma chiedete a qualcuno di guardare la vostra storia e di dirvi onestamente cosa ne pensa.
In una fase precedente all’editing, oltre al paio d’occhi aiuta molto anche una spalla su cui piangere. Io la telefonata con Erica ve l’ho sintetizzata, ma è stata più lunga di così. Quando abbiamo messo giù ho incominciato a scrivere la causa di beatificazione. - Non si finisce mai di imparare. Anzi, credo si impari veramente solo facendo, e in particolare quando sbatti il muso in un ostacolo e cerchi il modo di andare avanti. Bisogna continuare a studiare, perché tendiamo a fermare lo sguardo su certi aspetti e ci perdiamo il resto. Ma ogni volta che si puntano i riflettori su un aspetto della scrittura, si scopre che le sfaccettature sono molteplici, gli esempi innumerevoli, gli usi variegati. Bisogna ricordarlo e non smettere mai di studiare. E scrivere, tanto.
La morale della favola
Lavorando a «Cristallo» ho l’impressione di cercare un ago in un pagliaio. È una faticaccia, un lavoro improbo che qualche volta comporta lo spostamento di una pagliuzza alla volta. Ci sono momenti in cui un raggio di sole colpisce l’ago, che scintilla e si fa vedere. Qualche volta sembra perfino d’oro. Allora riparto alla ricerca, con entusiasmo, con l’illusione di essere vicina alla meta, più certa e innamorata di prima.
Vi è mai successo di trovare un problema in una vostra storia, e risolverlo in un modo di cui siete piuttosto fieri?
Post Scriptum. A proposito di scuffie ossessive, ma raccontate da dio, non potete perdervi questo libro qui.