Lo sapete come funzionano le «mie» regole, vero? Lo ricordo di nuovo, a beneficio di chi passasse di qua per la prima volta: non sono mie. Sono le regole che un piccolo squadrone di grandi scrittori, intervistato dal Guardian, ha stilato a beneficio degli autori emergenti. Io mi limito a procedere con metodo rigorosamente scientifico: esamino tutte le regole di tutti gli scrittori intervistati ed estraggo solo quelle che si ripetono con forza, assumendo che se più di un professionista ripete, anche in forma diversa, la stessa regola o consiglio, c’è probabilmente una solida ragione.
Solo che questa volta ho barato.
Ero sicura che, tra le varie regole, avrei trovato qualcosa su come e perché pianificare un romanzo.
Così ho setacciato da cima a fondo l’articolo, tutte e due le parti, usando anche la funzione di ricerca di Word. Ho inserito «outline»: risultato, zero. Ho riprovato con «structure»: zero, di nuovo. Ho tentato allora con «plan» e, scartando una regola di Margaret Atwood che ci ricorda che gli scrittori non hanno un piano pensionistico (no, non è un argomento secondario: ci scriverò su un post!), ecco i due soli risultati ottenuti:
Rose Tremain
5 When an idea comes, spend silent time with it. Remember Keats’s idea of Negative Capability and Kipling’s advice to “drift, wait and obey”. Along with your gathering of hard data, allow yourself also to dream your idea into being.
(Quando vi viene un’idea, cercate di trascorrere del tempo in silenzio con essa. Tenete a mente il concetto di «Capacità Negativa»* di Keats e il consiglio di Kipling di «lasciar andare alla deriva, attendere e infine obbedire».** Mentre raccogliete i vostri dati, concedetevi anche di sognare la realizzazione della vostra idea.)
6 In the planning stage of a book, don’t plan the ending. It has to be earned by all that will go before it.
(Nella fase di pianificazione di un libro, non pianificate anche la conclusione. Deve essere ottenuta estraendola da ciò che viene prima.)7 Respect the way characters may change once they’ve got 50 pages of life in them. Revisit your plan at this stage and see whether certain things have to be altered to take account of these changes.
(Rispettate il modo in cui i vostri personaggi potrebbero cambiare quando hanno almeno cinquanta pagine di vita. Rivedete la vostra pianificazione, a questo punto, e verificate se alcune cose devono essere modificate per tener conto di questi cambiamenti.)Sarah Waters
4 Writing fiction is not “self-expression” or “therapy”. Novels are for readers, and writing them means the crafty, patient, selfless construction of effects. I think of my novels as being something like fairground rides: my job is to strap the reader into their car at the start of chapter one, then trundle and whizz them through scenes and surprises, on a carefully planned route, and at a finely engineered pace.
(Scrivere narrativa non è né un modo di esprimere se stessi, né una terapia. I romanzi sono per i lettori, e scriverli comporta la paziente, abile, disinteressata costruzione di risultati. Io penso ai miei romanzi come a qualcosa di simile alle giostre di un Luna Park: il mio lavoro consiste nell’agganciare il lettore al suo sedile all’inizio del capitolo uno, quindi farlo rotolare e sfrecciare attraverso scene e sorprese, su un percorso attentamente pianificato, ad un ritmo progettato fin nei minimi passaggi.)
Dunque solo due autori su una trentina di intervistati hanno parlato di pianificazione, e neanche in modo diretto. A rigor di logica, dovremmo concludere che «pianifica», anzi, «Pianifica!», come lo scriverei io, non è una regola, ma solo la fissazione principale di chi scrive.
In realtà la spiegazione è un’altra, secondo me: che la regola di pianificare prima di partire in quarta con la scrittura è talmente importante che non è nemmeno necessario riperterla. È scontata.
E allora ho barato, e la terza regola l’ho inserita io di prepotenza: perché secondo me, che lo si dica o no, prima di scrivere bisogna pianificare. A livello (quasi) maniacale.
C’è ancora in giro qualcuno che crede che si debba scrivere solo quando si ha l’ispirazione? Io credo di no. Forse qualche fangirl tredicenne che, giustamente trascinata dal proprio risveglio ormonale, scrive una fanfiction sugli One Direction: là sì che è tutta ispirazione. Tutti gli altri, autori affermati, emergenti e vie di mezzo, sanno che la scrittura richiede un minimo di disciplina, e che la disciplina necessaria è direttamente proporzionale al livello di risultati che si desidera ottenere. E che, per riuscire a scrivere anche senza il dono divino dell’ispirazione, è necessario sapere, anche in maniera sommaria, dove si sta andando a parare.
Pantsers e Planners
Nelle chiacchiere tra scrittori si fa a questo punto l’esempio di Stephen King, portabandiera suo malgrado di tutti i pantsers***, che partirebbe in quarta con la scrittura forte solo di un’idea, nata di solito da un sogno o da un incubo; gli outliners o planners***, allora, rispondono citando Robert Ludlum, che cominciava a scrivere solo dopo aver creato sinossi monumentali e dettagliatissime. Volete fidarvi di una divoratrice di blog di scrittura, articoli, riviste, interviste e chi più ne ha più ne metta? Gli scrittori professionisti o semi-professionisti dicono quasi tutti che, partendo senza pianificazione, spesso hanno dovuto fermarsi e ricominciare da capo, dopo avere sbattuto via una considerevole quantità di tempo ed energie in una storia che non andava da nessuna parte. La scrittura è appiccicosa, dice Giulio Mozzi, nel primo video di una bella ed utile serie creata per l’Iprase di Trento. Non vale la pena lavorare su qualcosa che è solo su un’idea, credendo di avere una storia. Il concetto è, di nuovo, quello di evitare un doloroso ed inopportuno spreco di tempo.
Mentre abbiamo numerosi esempi di pantsers che si sono poi convertiti alla pianificazione, non ho notizie del contrario. Ho notizie, invece, che un’eccesso di pianificazione possa paralizzare, questo sì. Lo stesso Randy Ingermanson, il celebre autore e creatore dello Snowflake Method – quindi di un metodo molto strutturato, finalizzato alla creazione di una sinossi operativa – raccomanda che ciascuno trovi il sistema che funziona per se stessi; una schematizzazione troppo rigida può impedire l’insorgere della parte più bella dello scrivere, secondo me, quello stato che viene chiamato «the zone» o «the flow», una specie di beatitudine di questa terra. Chi l’ha provato sa di che parlo: credo sia come la totale immersone dei bambini nel gioco, la serenità del meditante, la concentrazione del pittore, del fotografo, dello scrittore per l’appunto. Essere lì, e basta, dentro a ciò che si sta creando. Nel caso peggiore, troppa pianificazione può paralizzare.
La mia esperienza personale è simile a quella della maggioranza: solo una volta ho scritto senza pianificare, e si trattava di un racconto, 3.850 parole in tutto. Una scena scritta tutta d’un fiato perché conoscevo con precisione millimetrica il mio punto d’atterraggio. In tutti gli altri casi, ho lavorato su traccia. Per il mio lavoro più consistente, 120.000 parole per 40 capitoli, sono partita in quarta, ma mi sono dovuta fermare attorno al sesto capitolo per redigere una sinossi. In seguito, per scrivere i capitoli, prendevo un pezzo di sinossi, lo incollavo in cima al foglio di Word e da lì cominciavo a lavorare.
La storia che per ora chiamo “Cristallo”, il mio lavoro in corso, era morta e sepolta per mio disgusto personale. Non funzionava, non funzionava e basta. Ma evidentemente è una storia che ho bisogno di raccontare, perché non mi dava pace. L’ho salvata – almeno per me, poi spero piaccia anche a chi la leggerà – lasciandola dormire per un po’ e poi scrivendone la sinossi operativa. Definendo i personaggi. Ragionando sul conflitto principale, o meglio, sulla (tragica) mancanza, nella prima versione, di un conflitto sufficiente a sostenere la narrazione. Ho applicato alla lettera il metodo di Ingermanson. Struttura e pianificazione sono le medicine che hanno rianimato “Cristallo”. Perché, comunque vada, io quella storia ho bisogno di finirla, e adesso mi sento in grado di farlo.
Come e perché pianificare un romanzo
Come si fa a pianificare? È un discorso così importante, nella parte pratica, che si meriterà qualche post dedicato solo a quello *appare il cartello COMING SOON*. Poi ognuno di noi ha un suo metodo, suppongo, ma per chi desidera – nel frattempo – confrontarsi con un po’ di teoria, io avrei qualche suggerimento.
Il numero uno in assoluto secondo me è Randy Ingermanson, che ho già ricordato, con il suo Snowflake Method.
Lo citano ovunque, anche a spanne e malamente, purtroppo: recentemente ho letto un articolo (italiano) secondo il quale con il suo metodo si programma un romanzo in meno di una settimana. Niente di più falso, si tratta di più tempo e anche di tanto duro lavoro, ma ne vale la pena. Se leggete l’inglese, questa è la pagina originale nella quale si spiega lo Snowflake Method. Di Ingermanson ci sono anche, sempre in inglese, Writing Fiction for Dummies e How to write a novel using the Snowflake Method, ottimi approfondimenti, ma l’essenziale sul metodo lo trovate nel sito di Randy: è disponibile gratuitamente nonostante l’altissimo valore intrinseco, e questo spiega perché AdvancedFictionWriting.com abbia qualcosa come un migliaio di visitatori al giorno.
Edit del 21/4/2015: stufa di leggere versioni approssimative (per essere gentile) del Metodo, ho chiesto il permesso a Randy Ingermanson e ho tradotto integralmente il suo articolo. Trovate la traduzione qui e anche qui.
Subito dopo Randy, in uno stile più discorsivo e amichevole ma altrettanto utile, suggerisco l’ottimo Outlining your Novel di K.M. Weiland, che è pubblicato assieme ad un manuale pratico, e della stessa autrice Structuring your Novel, focalizzato sulla struttura – un’altra delle mie fissazioni.
Se, purtroppo, avete cominciato a scrivere senza pianificare, siete impastati e non riuscite ad andare avanti in nessun modo, il libro che fa per voi è Nail your Novel di Roz Morris, molto concreto, estremamente pratico, utile non solo per creare un romanzo da zero ma anche per partire al salvataggio di romanzi moribondi.
Li ho letti tutti? Certo che sì!
Pianificare un romanzo con Scrivener
Non posso non concludere con il mio amatissimo Scrivener, software per scrittori nato apposta per chi desidera pianificare un romanzo (ma utilissimo all’occorrenza anche a chi odia pianificare). Seguite il link, scaricate la demo gratutita per trenta giorni di utilizzo effettivo, e verificate personalmente quanto è semplice organizzare le parti di un romanzo, per esempio sulla lavagna virtuale.
Io sono in debito con Salvatore di un template, quello che ho creato io stessa per mio uso personale. Non gliel’ho mandato subito perché era un filino troppo carico, in quanto io sono nata pignola e morirò con un DOC diagnosticato. Troppa roba. Lo sto “ripulendo” e ci sto scrivendo su un articolino che, a dio piacendo, leggerete sul blog verso la fine di aprile, con tanto di tutorial.
Concludo insinuando che secondo me anche the King pianifica, e che a mio parere son tutte balle che scriva così a crudo, perfino lui 😛 Posso credere, al massimo, che abbia talmente interiorizzato le strutture narrative e un metodo di lavoro, tanto da non avere più necessità di mettere tutto nero su bianco.
E voi, che metodo utilizzate? Avete letto qualcuno dei manuali che ho citato? E raccontatemi anche, se ce l’avete, qualche aneddoto interessante su come lavorano i grandi scrittori, che quelli non bastano mai (né gli aneddoti, né i grandi scrittori).
Note
* La «Capacità Negativa» di Keats consiste, in soldoni, nella capacità di accettare una vita senza certezze. Questo breve articolo mi sembra la spieghi in modo interessante. Se no, googlatela che vien fuori subito.
** La citazione completa di Kipling suona così: When your Daemon is in charge, do not try to think consciously. Drift, wait, and obey (Something of Myself for My Friends Known and Unknown, ch. 8, 1937.)
***I pantsers sono gli improvvisatori, quelli che scrivono on the seat of their pants; gli outliners, o planners, sono quelli che programmano tutto, come me. Qui una definizione articolata, e anche i badge.
****Gli altri articoli della serie sulle regole della scrittura li trovate qui, qui e qui.
Alessia Savi dice
Parto da qui, perché ti ho conosciuta pianificando ed è doveroso che mi esponga. Io sono tra i pantsers ma ho capito che devo pianificare. Purtroppo, quando i romanzi sono corposi e le idee troppe, è necessario fare ordine. Anche strada facendo, magari, ma le basi ci devono essere. Grande lezione che ho appreso dopo la fine della prima bozza del mio romanzo. Da qui ho iniziato a cercare un po’ di articoli in rete su metodi di scrittura e a ripassare l’ABC della narrativa prendendo in mano un po’ di manuali (ti ho citata nel post della prossima settimana, scusami. Avevo confuso la programmazione. Il 25 aprile mi sfasa!). Più si impara dai grandi, più si assimila e ci si pongono obiettivi e domande. Sembra banale, ma finché non c’è confronto ci si limita a credere che possa andare tutto bene così, senza farsi troppi problemi. Invece occorre apprendere e arginare le regole che non fanno al caso nostro, tenendoci strette quelle più congeniali al nostro modo di lavorare. Scrivener ne è un esempio. Provai yWriter ma non mi trovai affatto bene, e tornai a pianificare (poco) via cartacea e con tanto, tantissimo uso combinato di Evernote + Pinterest. Non ho mai usato questo tool ma a questo punto attendo il tuo tutorial per conoscerlo più a fondo! Sei stata una bella scoperta del lunedì Serena (^^)
Serena dice
Grazie, Alessia, posso dire altrettanto di te 😀 Oggi mi hai provocato, in vari momenti della giornata, una serie di sorrisoni a trentadue denti – e un quasi-impasto contro un guardrail ma vabbè, sono io che sono un’idiota, guardo lo smartphone mentre guido!
Il tutorial con Scrivener dovrebbe essere doppio, se va tutto bene, e includere delle spiegazioni di base PIU’ il template che uso io per pianificare. Sai qual è il bello? Che Scrivener è talmente flessibile che mi ha permesso di modificare lo schema secondo necessità e sensibilità del momento, man mano che procedevo con la lavorazione del romanzo. Ma basta chiacchierarci sopra, spero di potervi offrire qualcosa di più interessante delle chiacchiere, e molto concreto, quanto prima.
yWriter lo usavo subito prima di convertirmi definitivamente a Scrivener; non mi dispiaceva, ma è molto più rigido e, soprattutto, non è user friendly come Scrivener. Per farti un esempio: io lavoro nei due sensi, da sinossi a narrazione e da narrazione a sinossi, e mentre con Scrivener non incontro il minimo ostacolo, con yWriter estrarre una sinossi e poi riconvertirla in parti per lavorarla è UN GRANDIOSO CA*INO. Io sono mediamente smanettona, ma giuro che mi ha fatto passare la voglia, e pensa che ero molto ben disposta… Ho fatto persino la donazione all’autore, che secondo me se la meritava.
Evernote è il mio salvavita, e non dico altro. Invece Pinterest non lo uso, e mi piacerebbe tanto avere idea di come sfruttarlo. Se ne hai parlato da qualche parte, lasciami il link, lo leggerei proprio volentieri.
Grazie ancora, Alessia, grazie di cuore per tutti i sorrisi e la gioia di oggi 🙂
P.S. Ho controllato ora: a gennaio è uscita una nuova versione di yWriter. Chissà se ora è più semplice? Lascio il link, nel caso qualcuno lo volesse provare, perché in ogni caso è un programma che merita una prova. Si può scaricare qui. Curiosità: lo sviluppatore di yWriter, nella pagina di download, dice testualmente: se avete un Mac, scaricatevi Scrivener che è meglio. Troppo carino XD
Alessia Savi dice
Che bello averti fatta sorridere!
E con pochissimo, direi! (^^)
Ammetto che sono restia ai programmi, dopo yWriter credo di essere rimasta traumatizzata. Ma ero ancora nella mia fase “Pianifico 4 cose e poi via, andiamo d’istinto”. Magari le cose sono cambiate, ora. Dovrei riprovare, ma a questo punto (Donna Pigrizia) attendo il tuo tutorial per farmi un’idea, in modo da decidere poi il da farsi. Per esempio, da yWriter avevo preso una serie di impostazioni lavorative di pianificazione che, secondo me, erano particolarmente utili.
Evernote credo sia l’invenzione del secolo, e mi fermo qui.
Su Pinterest ho scritto di recente un paio di articoli per Narcissus, e avevo scritto una vecchia guida sul mio ex-blog di web design, ma appena rimetto tutto online ti avviso.
E promettimi che no, non continuerai a guardare lo smartphone mentre guidi!
Promesso?
Grazia Gironella dice
Evviva, ho trovato un’altra appassionata di manuali! Conosco e apprezzo “Nail Your Novel”, e mi sono comperata “How to Write a Novel Using the Snowflake Method”, di Ingermanson, che leggerò prossimamente. Mi piace studiare l’argomento scrittura dalle diverse angolazioni, un po’ come si fa osservando un pezzo al museo.
Sono più che d’accordo con quanto dici sulla pianificazione. E’ il mio approccio naturale, quindi non mi costa fatica. Per il primo romanzo (che doveva fare parte di una saga) avevo già preso decine di fogli di appunti su trama, personaggi & co. Quando ho iniziato a studiare e ho scoperto che questo era un vero argomento di discussione, un po’ mi sono stupita. Sono troppo pigra per pensare di lavorare mesi su una storia che magari entra in un vicolo cieco dopo cento pagine! E poi pianificare è bello, oltre che necessario. Lasciare che l’idea si arricchisca, prima nel recinto della mia mente, poi negli appunti, mi permette di fantasticare più liberamente. (A proposito, com’è che parliamo tutti dello stesso argomento nello stesso periodo? Ieri commentavo da Marco Freccero quasi con le stesse parole. Curioso!)
La sensazione del flusso… no, meglio flow… è fantastica e inebriante. Quando mi ci trovo ho l’impressione di poter continuare a scrivere in eterno. Le dita tempestano la tastiera per stare al passo con i pensieri, tanto veloci che finisco con il premere più tasti contemporaneamente e invertire le lettere delle parole a due a due (è un mio problema!), così mi tocca fermarmi qualche istante, inspirare a fondo e ripartire len-ta-men-te. E’ un po’ come essere travolti.
Serena dice
Ciao Grazia,
scusa se rispondo così tardi. Posso ripetere pari pari quello che hai detto tu? “Evviva, ho trovato un’altra appassionata di manuali!” 😀 Mi piacciono tanto, sì, al punto che mi sono posta il problema di avere una mentalità “facilona”, del tipo basta leggere un manuale per scrivere un best seller. Insomma, mi è venuto il dubbio che i manuali mi servissero, inconsciamente, per nutrire delle illusioni.
Invece no, sono una passione duratura perché in realtà la passione non sono loro, i manuali, ma la scrittura. E un manuale ben scritto ti rivela sempre qualcosa di nuovo ed inaspettato.
(a proposito, voi tutti che passate di qua,sappiate che la Grazia ha scritto, oltre che narrativa, anche due libri sulla scrittura e a me intriga in modo particolare questo qui).
Quanto alla pianificazione… Beh, ho già detto tutto nel post. E nel frattempo ho anche finito la traduzione dell’articolo di Randy Ingermanson sullo Snowflake Method: un lavoro abbastanza impegnativo, ma sono felice di averlo fatto perché considero quel testo una risorsa di grande valore.
Grazia Gironella dice
Secondo me nell’interesse per i manuali c’è, almeno in minima parte, anche una piccola dose di nutrimento per le illusioni, che però si chiamano anche speranze! 🙂 I motivi per cui leggo manuali sono tre: 1) piano piano i concetti filtrano sottopelle e diventano istinto; 2) non voglio lasciare niente di intentato; 3) mi piace tanto approfondire l’argomento e studiacchiare. E poi è vero, anche nell’ennesimo manuale trovi sempre qualcosa di nuovo e illuminante.
(Grazie mille per il rimando al mio libro! Sei più brava di me a promuovermi… 😉 )
Renato Mite dice
Io a questo punto sono a metà fra pantsers e planners, ho sempre pensato che pianificare soffocasse la creatività, poi sono passato dal tenere tutto a mente a prendere alcune note, a pianifcare un po’, ma continuo a concentrarmi sulla scrittura in promptu. Proprio in quei momenti sento il “flow”, è una sensazione piacevolissima in cui mani, tasti e nero su bianco sono tutt’uno con il tuo essere, forse la spiegazione non è chiara, ma chi l’ha provata intende. Dopotutto, spero di avere anch’io interiorizzato qualcosa 😉
Serena dice
A metà va bene^^ Basta non vagare completamente nel buio, credo. Solo che secondo me più ti organizzi prima, e meno fatica fai in fase di editing 🙂
Lisa Agosti dice
Bravissima Serena, ottimo articolo. Ci tornerò su a mente fresca.
Comunque, se avessi programmato bene prima della prima stesura, non mi troverei a rivedere la trama in fase di revisione, come invece sta accadendo 🙂
Serena dice
Grazie tesoro! Ricordati che sono in attesa della tua terza regola, spero di leggerla presto.
Comunque, se può consolarti, ti comunico che si può rivedere anche per due-tre e più volte nonostante una progettazione TeTesca della trama… Io ho una sequenza di fatti piuttosto stretta attorno al midpoint, l’ho cambiata più volte e ho trovato la soluzione soddisfacente solo in questi giorni, aggiungendo un capitolo. Poi quando la storia sarà finita magari la condivido, perché mi sembra un esempio utile.
Grazie di essere passata 🙂
Daniele dice
No, non ho letto quei manuali. Ma anche io pianifico. Non mi ritrovo a usare strumenti elettronici per pianificare un romanzo. Preferisco carta e penna. Nel mio romanzo ho creato uno schema, necessario, e lo sto seguendo.
Serena dice
Confessione: per quanto io sia una fan sfegatata di Scrivener, quando sono davvero nella cacca prendo carta e pennarello e faccio una mappa mentale “fisica”. Sulla carta, le cose sembrano più chiare, non c’è niente da fare.
…ma lo faccio solo quando sono disperata. In situazioni non estreme, ho più di un software anche per le mappe mentali 😛
Grazie di essere passato, e a prestissimo! Tra sette ore, praticamente XD
Michele Scarparo dice
Io sono un pianificatore e condivido tutto. Utilizzo un metodo mio che però si avvicinava molto al fiocco di neve, tanto che ne ho “assorbite” delle parti. Ho utilizzato un metodo simile anche per una seconda revisione, e devo dire che mi sono trovato bene.
Dubito anche io che si possa scrivere un libro “di getto”: quando superi le 50 pagine, lo scritto non è più gestibile senza una serie di appoggi esterni. Sia metodologici che strumentali. Neppure se ti chiami King 🙂
Serena dice
Ciao Michele, benvenuto!
Nell’articolo non ho citato Lee Child: di lui si dice, invece, che scriva una prima bozza praticamente perfetta O______O . Invidia profonda. Sarebbe interessante scoprire se e quanto pianifica, per chiudere il cerchio!
Grazie di essere passato. Ricambierò presto la visita a casa tua 🙂
Chiara (Appunti a Margine) dice
Conosco il metodo del fiocco di neve, ma è arrivato quando la stesura del romanzo era già iniziata e la pianificazione avviata, quindi non l’ho mai utilizzato direttamente.
Non ho mai utilizzato scrivener ma lo farò presto.
La mia posizione nei confronti della pianificazione si situa in un punto intermedio fra chi dice che si debba pianificare in modo maniacale e chi invece teorizza la scrittura di getto.
Prima di iniziare la stesura del romanzo, ho fatto una scaletta di massima. Poi, scrivendo, l’ho stravolta completamente. Non lo considero un male: se determinate scelte non erano adatte alla mia storia, perché avrei dovuto attaccarmi ad esse in modo maniacale?
Ho quindi fatto un’altra scaletta, che continuo ad aggiornare man mano che sorgono nuove esigenze narrative. Progettazione e stesura procedono di pari passo. Non necessariamente il 100% della pianificazione deve avvenire prima che si cominci a scrivere. Molte cose possono essere definite strada facendo. L’importante, secondo me, è che si abbia ben chiaro dove si voglia andare a parare.
Recentemente, su suggerimento di Maria Teresa Steri, ho creato un file Excel simile a quello descritto nel metodo fiocco di neve. Stabilisco i contenuti delle scene e dei capitoli che devo ancora scrivere ma, nel contempo, procedo con la stesura, perché sono consapevole del fatto che, per un aspirante scrittore, la cosa più difficile è portare a termine quella.
In revisione avrò modo di sistemare le cose.
In ogni caso, fino a non molto tempo fa credevo che si potesse scrivere un’opera di getto, ora non più. Allo stesso modo non ritengo necessario parcellizzare tutto a priori. Si possono avere le idee chiare pur lasciandosi qualche margine di libertà. 🙂
Serena dice
Ciao Chiara,
nel tuo blog avevi parlato dell’uso che fai delle schede, le “index cards”, che servono per fissare i principali eventi della trama. Dicevi che capita che le sorteggi, quando ne senti il bisogno, e cominci a scrivere da quella che ti è toccata in sorte. Oggi che parliamo di pianificazione mi sembrano interessanti e pertinenti. Riporto qui il link al tuo bell’articolo, in modo che chi legge possa eventualmente provare questo metodo, un compromesso efficace tra pianificazione puntuale e… destino.
http://appuntiamargine.blogspot.it/2014/06/gestione-della-trama-il-mio-modo-di.html
Grazie di essere passata 😀 Ci leggiamo presto!
Chiara (Appunti a Margine) dice
Sì, ne avevo parlato, ed effettivamente sono molto utili, anche se presentano il difetto di non essere “ordinate”. Per questo ora le ho trasferite tutte in un file Excel, ordinate secondo la sequenza cronologica degli eventi. Ciò non toglie che il metodo funziona, e se all’inizio non avessi agito così sarei ancora in alto mare. 🙂
Serena dice
Il tuo file Excel mi ha fatto venire un’ideina! *prende appunti per un prossimo post* Poi ti dico 😀