Sono un po’ emozionata, lo confesso,
e detto da me è strano perché sono abbastanza nota per avere la faccia come il AHEM per non avere mai il problema di trovare qualcosa da dire. Casomai, ho il problema di stare zitta. Non sarebbe male imparare a farlo, o almeno a contare fino a dieci prima di procedere, ma ormai alla mia tenera età ho perso le speranze. Quando Anubi peserà il mio cuore posando la piuma sul piatto della bilancia, troverò da ridire sulla tara e sul bilanciamento. Quando San Pietro mi chiederà che diavolo ci faccio alla Porta, probabilmente pretenderò di parlare con il Direttore.
Non ho neanche paura di parlare in pubblico. Mi è accaduto di farlo davanti a un bel duecento persone, quando ero ancora una piccola manager rampante. In ogni caso il numero non è mai stato un problema. Un giorno che se ne discuteva a casa sua, Daniele disse saggiamente: una volta che cadi da quindici metri o da duecento, che differenza fa? Ti spiaccichi uguale.
Allora come si spiega che io oggi sia così emozionata?
Non ho mai avuto bisogno di trucchetti per aiutarmi a parlare, sapete quello cose tipo scegline uno in prima fila e guarda solo quello oppure immaginali tutti seduti sul WC. Ma oggi forse un aiutino mi serve, perché stavolta sì, è importante. È davvero importante, per me. Ci ho messo anni per arrivare qui. Qui dove, direte voi? Non è mica un ChissàDove favoloso dove accadono cose straordinarie, è solo un posticino nel Web, una manciata di bit, un groviglio di stringhe di codice intrecciate in un sito WordPress dove però ho finalmente il coraggio di…
Tre
Due
Uno
*respira forte*
Di chiamarmi scrittrice.
Che strano.
Guardate che io sono la prima a tirare giù dall’altare – a colpi di pomodori maturi e romanzi di Foster Wallace* – quelli che pensano alla scrittura come a una missione divina, anzi spesso accosto scrittura, uncinetto e pane fatto in casa. Con una certa irriverenza. Nel senso che l’uncinetto e il pane fatto in casa son cose molto più serie.
Eppure oggi sono emozionata.
Perché ad arrivare qui, davanti a voi, a dirvi queste cose come scrittrice, ci ho messo degli anni.
Più che altro, ci ho messo un secolo (no, mezzo. Lo dice l’anagrafe.) a osare chiamarmi scrittrice. Che cosa io intenda dire con questo, sarà presto oggetto di un altro sproloquio.
Però, siccome mentre scrivo mi sto emozionando, e in fondo al post in qualche modo ci dobbiamo arrivare, facciamo che per oggi userò il trucco n. 1, quello di scegliere una persona a caso in prima fila e rivolgermi a lei. E scelgo la.. dai, chiamiamola Silvia, tanto lei si riconoscerà. Sperando che non si arrabbi con me se l’ho scelta, anzi sperando che leggendo questo articolo capisca quanto è stato importante, per me, quello che ha fatto. Cioè, mandarmi questo messaggio:
Ciao [mionickname], solo per dirti che la tua meravigliosa storia mi è talmente rimasta nel cuore e mi è talmente piaciuta che, a distanza di 2 anni dalla prima volta, l’ho riletta ancora e ancora e … sono emozionata, mi lascia ancora senza fiato e con il cuore pieno di emozioni e le lacrime agli occhi.
Devo dirti che ho letto anche [altramiastoria] e che, nonostante l’amarezza e l’angoscia che mi lascia dentro, è favoloso!!
Poche volte mi sono appassionata tanto alla lettura, e per questo ti chiedo di non smettere di scrivere e di emozionarci!… a proposito hai già pubblicato qualche libro che oggi passo in libreria e lo compro subito!!! 🙂
Grazie ancora,
Silvia.
Allora io adesso mi immaginerò la Silvia seduta in prima fila e dirò tutto a lei.
Ecco, Silvia, volevo confessarti che in realtà ho cominciato a scrivere per me stessa.
Mi piacerebbe tanto poter dire che scrivo storie da quando ero piccola, mammamiacomesonobrava, mammamiasonopredestinata, ma direi una balla. Ho sempre scritto per me, in realtà. Ho tenuto montagne di diari e anche un diario sul web, un blog, che mi ha aiutata a superare un grande dolore aiutando qualcun altro a superarlo. Non mi ha mai sfiorato neanche l’anticamera del cervello l’idea di scrivere delle storie, anzi, mi vedevo più come una giornalista, e avevo perfino fatto una promessa a una vecchia zia maestra che mi adorava (ciao, zia Luisa). Le ho promesso che avrei studiato lettere per fare la giornalista. Invece poi ho fatto lingue e sono finita a vendere robe in giro per il mondo. Evabbè.
Poi un giorno sono inciampata in una storia che finiva in un modo troppo idiota per essere vero. E vendeva pure milioni e milioni di copie. Mi sono veramente arrabbiata e ho deciso che qualcuno doveva pur dire qualcosa, salvare quei due poveracci, soprattutto lui perché lei, per quanto era idiota, si meritava anche una fine idiota, così ho buttato giù un racconto che si è scritto da solo. Ci ho messo una cinquantina di minuti, a scriverlo. Poi l’ho messo su quell’archivio online e…
E si vede che non avevate niente di meglio da fare, perché avete cominciato a leggere, e in tanti, e non avete più smesso. Ho smesso prima io di scrivere che voi di leggere. E chi diavolo se lo aspettava che saresti arrivata tu, Silvia? E poi Sandra, Arianna, Carmen, Veronica, Erica, Chiara, Roberta, Giovanna, Alessia, Manuela, Giulia, Irene, Noemi, Stefania e… tutte loro. Tutte voi.
Bei tempi quelli di [nomemiastoria]… abbiamo vissuto una bella avventura, e se a voi è piaciuto leggere, credimi che a me è piaciuto altrettanto scrivere.
Ho un romanzo in arrivo entro la fine di quest’anno, è finito e mancano le rifiniture: revisione, una bella copertina e poi via, lo butto nel mondo sperando che si faccia onore.
Ti ho scritto così nella mia risposta, Silvia e boh, non c’è molto altro da dire nel primo articolo di questo blog. Il resto vorrei che venisse dal cuore, strada facendo.
La mia storia si chiama Cristallo, per il momento, a meno che a qualcuno venga in mente un titolo migliore.
Io ve la regalo, se la volete è vostra.
Farò del mio meglio per raccontarla bene. In cambio, fatemi compagnia. Lo avete già fatto, ed è stata una delle cose più belle che mi siano mai capitate.
Note
*I libri di David Foster Wallace sono bellissimi e pesano moltissimo. La mia amica Erica, che lo adora, dice che con i libri di Foster Wallace si può uccidere un mammifero di medie dimensioni.
Alessia Savi dice
Che bello questo incipit!
Una presentazione che mi ha fatto battere il cuore e che mi ha fatto salire le lacrime. Proprio come quando a teatro sto a farmi male tanto le batto forte, lì in prima fila, quando gli attori stanno in proscenio e attendono solo di sapere quanto li hai apprezzati.
Ecco, io sono quella che sa esattamente cosa vuol dire, che se ne sta in prima fila, zona centrale per non perdersi nulla della scena, e batte le mani con le lacrime agli occhi.
Come un’idiota.
So che questa tua avventura ti porterà grandi soddisfazioni, te lo dico con tutto il cuore e la fierezza di una madre (non so perché, ma lascia stare: a volte mi capita di sentire mie le vittorie altrui).
Sì, anche se io ai due blog ero contraria (^.-)
Serena B. White dice
Oh mamma mia <3 Leggo solo ora!
Sai, la sera della Prima sul palco con me c'era mia sorella, è la ragazza col corpetto rosso, e in platea una mia carissima amica che si spellava le mani, appunto. Durante la canzone finale, che era "Hair", a Let the sunshine in la gente si è alzata e batteva le mani e cantava e ballava.
Io ero emozionata, drogata di adrenalina, ubriaca di musica, ed è stata una cosa così bella che ancora oggi mi fa sentire straordinariamente fortunata per averla vissuta. Te lo racconto per un’associazione di emozioni, perché sento anche stasera, grazie alle tue parole, la vibrazione delle cose belle, e perché anche stasera mi sento fortunata.
Non sono così sicura che arrivino le soddisfazioni, ma io ci provo, vedremo come va. In questo minuto qui io, grazie alle tue parole, sono felice. E questo non me lo toglie nessuno.
Lo spettacolo è andato avanti per un anno circa, poi qualcuno si è fatto prendere dall’ambizione e ha messo quella cosa meravigliosa nelle mani sbagliate, e tutto è andato a ramengo. Io vorrei durare un po’ di più, amo la scrittura ancora più della musica, ma vada come vada, non importa: io stasera sono felice.
Ed è solo merito di sorelle, amiche, compagne di viaggio. Al mio fianco sul palcoscenico, in platea, nello stesso coro. Nello stesso viaggio.
Grazie <3
E scusa la risposta sconclusionata. All'una di notte si può fare, vero?
Marco dice
Quindi il viaggio è già cominciato! Bene. Adesso non rimane che attendere i prossimi post, e soprattutto il mese di dicembre. 🙂
Serena B. White dice
Basta, ormai sono in ballo e devo ballare 😀 Però ho appena letto su un blog che seguo che bisogna cominciare, buttarsi, anche quando non si sa esattamente cosa si sta facendo XD quindi dovrei essere a cavallo!
Dicembre arriverà in cinque minuti, io spero di essere pronta. Grazie mille, Marco 🙂
Marco Amato dice
Bene i complimenti li ho fatti sopra, adesso scrivo il papello. No, scherzo. 😉
Tutto bene. Mi piace lo stile e l’approccio che stai utilizzando. Sei molto brava. Io, da essere solitario, è impossibile che arrivi a simili spontaneità. La copertina del libro a Ottobre? Questa è violenza d’attesa. Mi hai messo curiosità, una piccola anteprima per i raminghi?
L’inserimento in sidebar di stralcio di romanzo, breve sinossi e stralcio, mi piace.
Anch’io “Nelle chiese abbandonate si preparano rifugi e nuove astronavi per viaggi interstellari” (passami questa citazione superlativa di Battiato) nelle mie chiese abbandonate, per costruire la mia piattaforma per i miei viaggi interstellari, preparo qualcosa del genere.
Però la pagina scorpi il libro non va. Riproponi la stessa cosa. Ma su questo son sicuro che dipende dal limite tempo e non hai avuto modo di svilupparla. Quindi son curioso di come imposterai la vera pagina.
Altra curiosità sul Publisher: Editrice Borealis. Chi è?
Veniamo al titolo. Capisco qual è l’intensione. Non il semplice vetro, ma il cristallo una delle materie più pure plasmate da madre natura. Potremmo trovarci una grande simbologia. Tanti significati e molteplici chiavi di lettura. Il Cristallo perfezione, purezza, bellezza, fragilità, trasparenza, l’elemento che si distingue dall’altra materia brutale e grezza. La lenta stratificazione, la rifrazione complessa della luce. Addirittura di recente qualche astrofisico ha formulato la teoria dell’universo cristallo. Cioè che il nostro universo è strutturato come gli atomi di un cristallo, dove la luce delle galassie che vediamo è semplicemente la rifrazione ripetuta delle medesime. Teoria che comunque ritengo poco plausibile. Ma non divaghiamo. 🙂
L’intenzione è giusta. Però se qualcuno mi proponesse per la promozione un romanzo dal titolo “Cristallo”, piegherei perplesso le labbra. Ogni cosa è possibile e lecita, senza alcun dubbio. Ma se occorre fare presa su di un pubblico vasto ed eterogeneo come il mondo dei lettori, dove possono scegliere se leggere un libro o meno dal solo titolo, Cristallo non credo parta da posizioni avvantaggiate. Quel che inibisce è la parola secca. Se prendiamo tanti successi editoriali, italiani e stranieri, difficilmente abbiamo parole secche. Ci sono casi come il Cardellino e altri. Però nel nome composto si possono giocare più chance. A partire da un titolo evocativo come il “Nome della Rosa” dove la rosa, come il cristallo, è fortemente simbolica. Nella mia teoria del titolo, tanti successi letterari si basano su titoli imperfetti. Dopo l’imperfezione sta nel rendere il titolo come qualcosa di profondo, non definitivo, far intuire che dietro quel titolo c’è qualcosa di più. Un caso lampante è la “Solitudine dei Numeri Primi.” Tutti abbiamo studiato la matematica, bene o male sappiamo cosa sono. Ma la sorte che i numeri primi, distinguendosi dalla massa degli altri numeri, siano condannati alla solitudine, al trovarsi fra loro, è evocativo. Sottende al livello inconscio. Fa intuire che dal libro posso aspettarmi qualcosa di più di una semplice storia. Immagina che Paolo Giordano aveva titolato il libro “Dentro e fuori dall’acqua”. Fu l’editor che genialmente cambiò il titolo. Se Giordano avesse pubblicato col suo titolo originario per me avrebbe venduto 10 mila copie e non 1 milione.
Comunque, se mi metto a fare tutte le disamine sui titoli il mega papello non basta.
Quello che voglio dire in sostanza è che Cristallo non è male, ma occorre renderlo unico. Quando un lettore (che non fa parte della tribù) lo vede scorrere fra tanti altri titoli in una schermata di negozio online, o in uno scaffale di libreria (cosa che ti auguro di vero cuore) deve trovare lo stimolo per prenderlo in mano (virtualmente o meno).
Se tu ad esempio pensi che Cristallo sia l’unico vero titolo possibile. Ti suggerirei di contestualizzarlo. Di farlo esaltare, di renderlo unico e riconoscibile rispetto a qualunque altro libro. E questo si può fare sia con la copertina, sia lavorando all’interno del testo romanzo. Ma anche arricchendo gli spazi del blog esempio sulla sidebar o pagina apposita. Nella sinossi/quarta di copertina per lo store. Occorre far “trasparire” il peso del suo valore come una suggestione. La suggestione non va detta a parole, ma va mostrata, vissuta. Far cogliere che dietro quel titolo esiste una stratificazione di cui il lettore ha voglia di farne parte. Un qualcosa che è lì per lui, pronto a farlo emozionare, piangere, ridere, immedesimare.
Ok mi stoppo. Ho scritto troppo. 😉
Ma un’ultima cosa c’è da dire. Si va in scena ok. Ma quelle foto di spettacolo che hai messo? Ormai son curioso. Che hai combinato? Dove quando… su raccontacelo. La tribù pretende di sapere… 😀
Serena B. White dice
I tuoi commenti e quelli di Daniele altro che sette camicie mi fanno sudare XD l’ho già detto, vero? Allora, adesso convinco i miei neuroni fusi per il caldo a collaborare e provo a rispondere a tutto.
Non so se sono brava o no, faccio quello che mi sento. Ricordi quando dicevo che la decisione di aprire il secondo blog mi dava la carica, aveva tipo liberato dell’energia? Ecco cosa intendevo 😀
Copertina: è pronta e mi piace un sacco, una mia lettrice l’ha vista e sostiene che è bellissima. Io non sono obiettiva, ovvio, però credo di potermi fidare perché la ragazza non ha peli sulla lingua XD. L’avevo messa, la copertina, e poi l’ho tolta, perché credo ci farò su un giochino, una scusa per regalare qualcosa, non so ancora di preciso. E quindi sì, la metterò online a ottobre.
La pagina del libro: è una miseria, hai ragione. C’è ancora molto da fare sul blog, ci lavoro ad agosto.
Editrice Borealis: sono io me stessa me 😀 Il nome non è casuale, ha a che fare con un elemento ricorrente nella storia. Volevo un “marchio” perché… non te lo dico il perché, se no dove stanno le sorprese??? Comunque l’ultima cosa che desidero, è far la figura di una che si è inventata un editore. EHI, IO SONO UNA SELF, CAPITO? MI PUBBLICO IO! Lo dico ad alta voce così è chiaro, casomai qualcuno non lo avesse capito o non fosse abbastanza evidente come la penso, nell’altro mio blog.
Sul titolo 🙁 Sigh. Mi fai venire tutti i dubbi del mondo. Io non sono sicura al 100% che “Cristallo” sia il titolo migliore. Su questo però ti scrivo in pvt.
Quanto alle foto: ho fatto un’esperienza straordinaria con persone straordinarie e credo che ci scriverò su un articolo o un racconto. Stay tuned 😉
Ciao, Ramingo. Grazie di cuore per tutto. I consigli, le chiacchierate e anche i dubbi amletici che mi fai venire.
animadicarta dice
Bravissima Serena! Un esordio da fuochi d’artificio, sono sicura che anche con il romanzo hai fatto un ottimo lavoro 😉 Il titolo, tra parentesi, mi piace molto, è semplice e d’effetto.
Serena B. White dice
Ciao Maria Teresa, grazie! Spero di meritarmi la fiducia. In ogni caso ho fatto del mio meglio e ancora farò qualcosa, perché “Cristallo” versione cartacea viene in vacanza con me 😉 e ci terremo molta compagnia sotto l’ombrellone. Anche tu, in un certo senso, vieni in vacanza con me 😀 perché i tuoi due post sul “dopo” mi serviranno come lista di controllo per tutte le cose che ci sono da fare.
Sono contenta che ti piaccia il titolo… Secondo me è l’unico possibile. Però un certo Ramingo di nostra conoscenza mi ha cazziato, e mi sta facendo venire un sacco di dubbi. Per punizione, sarà costretto a leggersi il romanzo finito per intero e a sparare un titolo alternativo è__é
Erica dice
Ci sono due tipi di persone che scrivono: quelli che vogliono scrivere e quelli che vogliono aver scritto. Non lo dico io, lo dice una tizia più in gamba di me che allevava pavoni. Comunque io, nel mio piccolo, pur senza allevare uccelli, sono d’accordo. Ne ho conosciuti a bizzeffe, di quelli che vogliono aver scritto. Sono quelli che, prima ancora di aver messo le mani sulla tastiera, già proiettano sul retro delle palpebre le interviste che rilasceranno a quotidiani e televisioni. Sono quelli che si lagnano in continuazione dei brutti libri, i soliti brutti libri, che vengono pubblicati ogni giorno (motivo per cui il frutto delle loro fatiche non vedrà mai le luci della ribalta, perché i lettori sono stupidi e le case editrici in mala fede e i libri belli, come il loro, non se li fila più nessuno). Sono quelli che vivono più per le conseguenze di quello che hanno scritto che per quello che scrivono.
Il che non significa che quelli che scrivono per scrivere siano tutti animi probi, modesti, morigerati, infaticabili e umili lavoratori, senza macchia e senza paura. Lo scrittore è un essere umano e gli esseri umani, si sa, quando vogliono fanno proprio schifo al cazzo. E non è nemmeno detto che chi scrive per scrivere scriverà solo robe belle e chi scrive per aver scritto scriverà solo robe brutte. Non facciamo di tutta l’erba un fascio.
Però, per me, per quanto mi riguarda, nel mio piccolo mondo senza pavoni, nello scrittore ho sempre visto un osservatore dell’animo umano. Una creatura trasparente, che elabora quello che vede e sente e ascolta e annusa e gusta, che ritaglia e seleziona, un filtro perfetto e inesatto di quello che è il mondo e che è l’uomo e che sono io. Una persona del genere si offre come strumento della realtà, non della fama. È quel genere di persona che assimila e assorbe e metabolizza ciò che la circonda, ciò che è reale e concreto, per poi creare qualcosa di assolutamente nuovo e nondimeno concreto e reale. È questo, per me, colui che scrive per scrivere. E se non scrivesse, comporrebbe musica. E se non componesse musica, fotograferebbe. O cucinerebbe. O lavorerebbe all’uncinetto. È sempre un da fuori a dentro e da dentro a fuori. Sarà sempre in grado di comunicare qualcosa.
E pur non allevando pavoni, né uccelli di alcun genere (anche se provo una fortissima simpatia per i tacchini), io so e ho sempre saputo che tu sei una scrittrice. Anche quando fai il pane fatto in casa o lavori all’uncinetto, sempre comunicazione è. Qualcosa che da fuori va dentro e da dentro va fuori, prima per te e poi per gli altri.
Le conseguenze di questo ruolo, poi, si vedranno.
Serena B. White dice
Seconda figura di merda della giornata. Stavolta non in ufficio, ma comunque a pranzo con un collega.
E niente.
*asciuga lacrime*
Edit: mi sono dimenticata la pasta al pesto con il basilico vero, tra il pane e l’uncinetto <3
Eliana dice
Anch’io voglio felicitarmi con te, leggere tutti i tuoi racconti ed emozionarmi.
Grazie di tutto quello che con generosità ci hai donato. Un abbraccio
Serena B. White dice
Credimi, Eliana, ho ricevuto molto più di quello che ho dato.
Ti abbraccio forte.
Cristina dice
Davvero un bellissimo incipit per il blog!
A mio parere scrivi molto bene (anche se ho letto solo i tuoi post e non i tuoi racconti) e per questo sono molto curiosa di leggere il tuo romanzo.
Detto ciò, ti faccio solo i complimenti perché finalmente ho trovato una scrittrice che ha il coraggio di definirsi tale e utilizzare questa parola, che ho scoperto essere diventata assurdamente tabù (proprio in virtù di quella sacralità della scrittura in cui anche tu, come me, non credi granché e forse anche di una buona dose di falsa modestia) nel mondo della letteratura e soprattutto dell’editoria italiana.
Serena B. White dice
Ciao Cristina, benvenuta anche qui ^^ Queste cose dette da te mi fanno molto felice, so che anche tu sei molto attenta a questi temi. Non so come ringraziarti, sia per i complimenti che per la fiducia. Poi sull’uso di quella parola scriverò un post, così potremo parlarne… Ma vedo già che siamo allineate. Un grande abbraccio, spero di non deluderti quando sarà il momento 🙂
Angela dice
È strano. Bello.
Scopro di te quel lato sensibile, che distingue gli artisti. Artista, tu, non scrittrice. Di scrittori ce ne sono tanti, ma l’arte è tutta un’altra cosa.
E poi fragilità. Non che ti pensassi come un corpo inorganico. Mi ero abituata a osservarti, ascoltarti, seduta tra il pubblico. Ti chiamo coach. Un po’ ti venero. Per quanto fai, come lo fai, per quello che sai.
L’ultima volta che ci siamo viste, mi hai ubriacata con le tue parole di incoraggiamento e di stima. Ho una pessima memoria, eccetto per le cose importanti. Come quando mi hai detto: “Mi piacerebbe un casino lavorare con te”. Eri stanca quella sera.
Sei stanca spesso. Credo di non aver mai incontrato un artista riposato. Artista.
E sono qui, ad augurarti parole di stima, dette da chi veneri tu. Ubriacati, fino a stancarti più del solito.
E un giorno, inshallah, mi piacerebbe un casino lavorare con te.
Serena B. White dice
Non dovresti farmi piangere quando sono in ufficio, sai?
(…torno stasera. Appena posso. Bacio.)
Francesca dice
Che bello, Serena! Non.vedo l’ ora di leggerlo! E ti dirò, mi piacerebbe leggere anche gli altri tuoi racconti, dove si possono trovare? Se si possono trovare 🙂
Un abbraccio, aspettando con te di vedere “Cristallo” iniziare la sua strada!
Francesca
Serena B. White dice
Ciao Fra 😀 Benvenuta! Confesso che mi sta salendo l’ansia da prestazione. Spero di non deludervi e comunque lo sai che ce la metterò davvero tutta. Non sono ancora pronta per condividere tutta la mia produzione sul web 😛 che andrebbe anche un po’ risistemata qua e là. Un racconto però, che in realtà è una scena tagliata del romanzo, lo puoi scaricare iscrivendoti a questo blog.
Grazie per essere passata <3
Sandra dice
Che dire?
Buona strada anche se, a qunto pare, il viaggio è ormai quasi finito.
Tu dici che hai sempre scritto per te stessa ma una Scrittrice ha bisogno di lettori per esisrere e per potersi definire tale.
Io sono qui che aspetto di leggere, come sempre, in pausa pranzo o forse sotto l’ombrellone.
Sono quasi sicura che ci sarà anche questa volta un protagonista del quale innamorarsi senza rimedio e senza vergogna.
bacio bacio.
Serena B. White dice
Te le ricordi queste parole?
Una cosa che non mi piace di WordPress è che non c’è l’icona dei cuoricini. Lo so che tu sei troppo tosta per i Quori 😛 ma una tonnellata te li vorrei mandare. Lo sai, vero, che quello che sta succedendo qui è un po’ anche colpa tua? Per punizione, sappi che forse di protagonisti di cui innamorarsi ce ne saranno due 😛
Bacio, e bacio, e bacio (uno in più, tiè)
Serena B. White dice
E a proposito del bisogno, guarda cosa scrivevo in un commento a casa di Marco Freccero 🙂 🙂
Marco Amato dice
Eh no, non vale. Volevo essere io il primo a commentare. 🙁
Sono stato fuori e con problemi di connessione. Avevo anche un sacco di cose da dirti. (Il mio stile papello non può mutare 😉
Vedo se posso sviscerare domani. Intanto sono molto contento, complimenti per questo tuo imponderabile e impetuoso traguardo. 😉
Serena B. White dice
Vale lo stesso! Tu sei il mio Ramingo preferito e per te gli ordini di arrivo non contano 😛 In effetti mi stavo chiedendo che fine avessi fatto. Aspetto il papello e idem con patate, volevo anch’io chiederti un paio di cose.
Notte, Grampasso 😀
Grazia Gironella dice
Dicembre? Okay, inizio a scaldarmi. 😀
Serena B. White dice
Ma ciaoooooooooo <3 E così sei la mia prima commentatrice, qui. Lo sai che me lo ricorderò sempre, vero? Grazie di cuore e speriamo in bene ^^
Grazia Gironella dice
E’ un onore! Sperare, e di più, avere fiducia, è luce per la vita. 🙂