È da parecchio tempo, quasi cinque mesi, che sto combattendo con un articolo sul Self Publishing, ovvero come pubblicare un libro da sé sfruttando le (infinite) possibilità offerte dal Web.
Quando ho incominciato a buttarlo giù era la fine dell’anno, momento di bilanci e riflessioni un po’ per tutti. La blogosfera Indie era già in fermento ed in più, tra dicembre 2014 e gennaio 2015 sono stati pubblicati, da gente del calibro di Kristine Kathryn Rusch, Hugh Howey, Joanna Penn e Mark Coker, una serie di articoli straordinariamente ricchi di spunti di riflessione, che non potevano – e non hanno – lasciato indifferente nessuno nel mondo della pubblicazione indipendente e non. Si tratta di testi su cui ho rimuginato per mesi, senza però riuscire a mettere a fuoco il messaggio che mi stavo portando a casa e, di conseguenza, qual era la parte che meritava di essere condivisa con voi.
Alla fine mi sono resa conto che non riuscivo a “quagliare” perché in realtà non stavo riflettendo solo sull’autopubblicazione – tema, fra l’altro, già di per sé sconfinato – ma, più in generale, sull’essere un autore nell’era dell’accesso, un Autore 2.0. È una questione parecchio più complessa. Ci sarebbe voluto un intero libro per raccogliere tutti i dati, le riflessioni fatte, i consigli raccolti e soprattutto le mie personali paturnie in merito allo scrivere e pubblicare un libro all’alba del 2015. Paturnie perché, forse, dietro alla mia difficoltà nello scrivere questo post si nascondeva una grande paura, quella di scoprire verità scomode sulla mia scrittura. Sull’essere all’altezza del sogno che volevo realizzare.
Devo ringraziare solo C., un amico scrittore, se alla fine mi sono chiarita un po’ le idee e ora sono qui a raccontarvele. Infatti il desiderio di essere utile a C., anche solo in parte, ha reso tutto molto più semplice, perché l’articolo che non si voleva scrivere si è trasformato in una lunga chiacchierata con un amico.
Caro C., so che passando di qui ti riconoscerai. Ho fatto del mio meglio per organizzare in un discorso tutte le cose che volevo dirti: spero che tu trovi, in questo articolo e nei prossimi di questa serie, qualcosa di utile per la tua carriera di scrittore ma, soprattutto, per la tua serenità.
1 – Lo scenario
Sei un autore pubblicato. Occorre fare alcune precisazioni: il tuo primo libro è EAP pura, e per di più un nome famoso: sì, per il numero di denunce ricevute. Con i due libri successivi, invece, è andata meglio: li hai pubblicati con due piccole case editrici che hanno inserito i romanzi nel loro catalogo online. Niente promozione, però: quella è tutta a carico tuo, un carico gravoso sia per il tempo che per il denaro che ci hai speso. Di tasca tua ti sei pagato anche l’editing di uno di questi libri, e con me hai commentato così: Sono fortunato, il mio editor mi fa delle comode rate mensili.
Hai famiglia e le tue entrate stanno per ridursi causa ristrutturazione aziendale. La flessibilità dimostrata dal tuo editor ti è necessaria, se no non potresti permetterti di pagarlo.
Hai passato più di un fine settimana dietro ad uno stand in un centro commerciale, a firmare e vendere copie dei tuoi libri ai passanti. Hai partecipato ad un rinomato evento nazionale per scrittori: ti ci ha portato il tuo agente, spese ancora (sempre) a carico tuo. Hai pagato anche un contributo spese per lo stand, come hanno fatto gli altri autori che hanno avuto la fortuna di essere invitati.
Trascorri la pausa pranzo e ogni momento libero a scrivere, perché sei mosso da una passione di quelle vere. La sera, spesso, batti sui tasti con il figlio più piccolo sulle ginocchia.
2 – Il fatto
Ci scriviamo su Facebook. Sei triste, mi dici. Raccontami tutto, ti sollecito, e ovviamente si tratta di scrittura, se no non ne parleresti a me. Ci sentiamo per telefono ed ecco cosa mi racconti:
Il tuo agente, quest’anno, ti chiede un contributo aggiuntivo di varie centinaia di euro per portarti allo stesso evento cui hai partecipato nel 2014. Si tratta di parecchi soldi, molti di più di quelli che hai speso l’anno scorso tra contributo per lo stand, vitto, alloggio e ingresso.
Non solo, ma lo stesso agente ti chiede un’altra manciata di centinaia di Euro per “presentare i tuoi lavori alla più grande casa editrice italiana”.
A questo punto avete una discussione: se ti chiede dei soldi prima di avere concluso un contratto, obietti, forse non ha più fiducia in te. L’agente conferma: non crede di riuscire a vendere più di mille copie, in tutto, dei tuoi libri (il che sarebbe comunque un risultato grandioso, n.d.r.) e ha bisogno di garantirsi un’entrata.
A questo punto io, bieca commerciale, ti chiedo: dei tre libri con i quali sei sul mercato, quante copie hai venduto in tutto?
Risposta: circa duecento copie.
Io: ti sei almeno ripagato le spese?
Risposta: no. Sto ancora pagando l’editor, in comode rate mensili.
(devo ripetere che niente di quanto sopra descritto è frutto di fantasia?)
3 – Le mie considerazioni
La prima cosa che ti ho detto, così a caldo, è che sarei rimasta molto male anch’io, al tuo posto, per il comportamento del tuo agente. Mi sarei anche un po’ irritata, che nel mio linguaggio significa che mi sarei incazzata come una biscia. Non ho mai pubblicato in modo tradizionale, non ho problemi ad ammettere la mia somma ignoranza in tema di contratti di agenzia nel settore editoriale; però sono ormai quei cinque minuti che mi occupo di relazioni commerciali in tutte le salse. Sia l’esperienza che il buon senso mi dicono le seguenti cose:
- Se tu sei un Agente, io ti pago solo dopo che hai concluso la vendita, in base ad una percentuale che abbiamo pattuito in precedenza.
- Se sostieni delle spese (e lo abbiamo pattuito in precedenza), ti rimborserò in base ad una nota spese che tu mi presenterai.
- Tutto il resto è leggenda, e la voglia disperata (soprattutto dell’autore) di pubblicare qualcosa non dovrebbe influire sulla relazione commerciale tra un autore e il suo cosiddetto agente. Punto.
Se vuoi farti un’idea di come lavora un professionista dell’editoria, ti consiglio di correre a leggere Giulio Mozzi e il suo blog, Vibrisse. C’è un monte di oro colato, là dentro: setaccia il blog e fatti un’idea di come lavora una persona seria. Ma io scrivo fantasy, mi dici, Mozzi è un po’ peso. Fa niente. Fatti un’idea di come lavorano le persone serie nel mondo dell’editoria.
Come pubblicare un libro ed essere felice
Questo così, in prima battuta. Ma la vicenda merita un lungo discorso e varie considerazioni, che ho suddiviso per praticità in quattro aree tematiche.
– Area Marketing: quanti libri si scrivono, vendono e comprano nel mondo. I numeri dell’editoria 2014 e 2015 e come interpretarli. Perché senza dati non si può analizzare niente, e senza analisi non si possono fare scelte razionali né stabilire tattiche e strategie
– Area Vendite: che cos’è, esattamente, l’autopubblicazione o self publishing. Perché molti autori ancora considerano questa strada un ripiego da sfigati, per quali ragioni si sbagliano e… e qui mi fermo, per ora, perché il discorso diventa troppo personale. Per quanto mi riguarda, l’autopubblicazione è l’unica strada non solo percorribile, ma concepibile nel 2015; tuttavia, visto che a te interessa, ragionerò anche di pubblicazione tradizionale.
– Area Promozione: che cos’è una piattaforma autore e perché dovresti cominciare da subito ad occuparti della tua. Fattene una ragione: i tempi sono cambiati e, se non sei su Internet, semplicemente non esisti.
– Area Motivazionale: perché non dovresti arrenderti, comunque. Perché anche se, come vedremo, il gioco si fa duro, i duri continuano a giocare. Tu hai una vera vocazione (no, non è una parola fuori moda) e quindi devi continuare a giocare. Tenterò di dissuaderti dalla scrittura, ad un certo punto, ma sono sicura che quando avrò finito con te ti resterà solo questo incommensurabile, incancellabile amore per le parole, amore che condividiamo. Quel tipo di amore che ci fa svegliare di notte per inventare storie, sempre. Nonostante tutto.
Dimenticavo! Ancora una cosa!
Fammi un favore: scrivi la frase qui sotto su un foglio A4, con un pennarello nero a punta grossa, e poi appenditi il foglio in un posto ben visibile. Anche sul monitor del computer, se necessario.
Non. Scucire. Più. Un. Euro. A. Nessuno.
Almeno, non prima di avere letto i prossimi articoli. Però fidati, non si poteva esaurire l’argomento in un solo post. In realtà poi ti dirò anche a chi, eventualmente, potresti dare i tuoi Euro con la ragionevole certezza di spenderli bene, ma prima vorrei tu seguissi il ragionamento. E no, non sono affiliata a niente e a nessuno: condivido con te quello che ho fatto o che farò io stessa. Documentato, ragionato e testato sul campo.
E voi? Vi è mai capitato di ritrovarvi nelle situazioni che mi ha raccontato C., o simili? Vi ci riconoscete, o vi siete in qualche modo già fatti le ossa nel duro mondo degli Autori Emergenti?
Qual è, secondo voi, il miglior consiglio da dare a C.?
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Note dell’autore:
Il concetto di Autore 2.0, per quel che ne so io, l’ha coniato Joanna Penn. Iscrivendosi al suo sito si può scaricare questo report che vale tanto oro quanto pesa (quanto pesa un pdf?).
Marco Freccero dice
Mai scucito nulla: sono ligure 🙂
Autopubblico, e tiro dritto per la mia strada. Non ho consigli da dare tranne quello, ovvio, di non pagare mai niente. Nessuno ti vuole pubblicare? Non so che dire. Io parto sempre dalla considerazione che o le mie storie sono brutte, oppure non sono abbastanza popolari (e perché un editore dovrebbe buttare i soldi dalla finestra in un periodo come questo?). Quindi leggo gli autori popolari per capire come costruire storie che attirino le persone.
Serena dice
Ciao Marco, benvenuto!
Fatto benissimo a non scucire niente: santo il DNA ligure! Condivido tutto quello che scrivi, ma volevo anche chiederti: se fosse un problema di popolarità, secondo te si potrebbe risolvere? E se sì, come? Spero tanto tu riesca a passare di qua per rispondermi, mi interessa il tuo parere.
Nel frattempo, visto che è domenica sera, ne approfitto per augurarti una buona settimana 🙂
A presto, spero.
Marco Freccero dice
Buona settimana anche a te 🙂
Fai una domanda da un milione di euro, in realtà. Come si riesce ad architettare una storia che piaccia alle persone? Tutto sono alla ricerca del segreto per riuscirci. Da qualche mese sto riflettendo su questo argomento, e per cominciare sto tentando di scrivere un romanzo che nelle mie intenzione dovrebbe essere popolare. Ma in che modo.
La lingua, innanzitutto. Sobria, semplice. Quindi avere come guide Raymond Carver, Georges Simenon (rileggerli con cura). E poi un argomento che sia interessante, e disseminare i primi capitoli di “indizi” che facciano intendere al lettore “Ehi, questo personaggio è strano! Sembra così mentre invece è cosà. Andiamo a vedere dove vuole andare a parare!”.
Per il resto: sto cercando di capire io stesso come riuscire a essere popolare!
Serena dice
Il punto è, secondo me, che se anche scrivi un romanzo in grado di tenere sveglie di notte le persone, ma nessuno lo trova, è come non averlo scritto. E qui si apre il discorso della visibilità o della “scopribilià” (neologismo orribile, ma mi piace molto di più che “reperibilità”). Mi sono comprata di recente un libro di Kristine Kathryn Rusch, una tosta, che si chiama appunto “Discoverability”. Questo qui. Appena finito quello(i) che ho in corso lo leggo. Se lo leggi anche tu poi ne discutiamo: lei è veramente in gamba.
Renato Mite dice
Serena,
quando ho inviato il manoscritto di Apoptosis alle varie case editrici mi è capitato di ricevere un’offerta da una EAP, ho rifiutato subito senza pensarci. Questo è il consiglio che posso dare a C. e riprende il tuo suggerimento finale. Non bisogna pagare per farsi pubblicare perché alla fine quello che conta è l’impatto con i lettori ed anche gli scrittori affermati, se non in rarissimi casi, non possono mantenersi con la scrittura. Se a questo punto devi fare della scrittura il tuo secondo lavoro, un lavoro per passione, è meglio non sprecare i soldi del primo lavoro inutilmente. Quindi puoi anche autopubblicarti e venderai sempre meno copie di quante vorresti, ma avrai ancora la soddisfazione di non aver svenduto le tue opere e non averle sminuite con le EAP. L’unica cosa su cui concentrarsi è la scrittura e non demordere; se scrivere è la tua passione, alla fine questo verrà fuori dalle tue parole e i lettori se ne accorgeranno. A proposito di non demordere, fra qualche giorno, ad esempio, ci sarà una sorpresa su Apoptosis che si basa proprio sul gioco. Ti farò sapere.
Serena dice
Ciao Renato, grazie di essere passato di qui 🙂
Come dicevo a Lisa, mi viene un nervoso pazzesco a vedere la “E” di EAP. Perché loro non sono E-ditori, non sono “publishers”, gente che pubblica. Sono gente che fa molto meno di quello che potrebbe fare l’autore da sé, e per sè, per pubblicare e farsi conoscere. Fanno da tramite, sono mezzani strapagati per prestare servizi cui l’autore, con un minimo di sbattimento, potrebbe accedere da solo. Eppure: anche prendere in mano la gestione di se stessi come autori può fare paura. Non tutti si sentono di farlo e qualcuno pur di non farlo cede ai truffaldini di cui sopra. Pensa che C. stesso, con cui il colloquio e i ragionamenti proseguono, alla mia domanda “perché non ti autopubblichi?” ha risposto: “perché poi devo stare dietro io a tutto, ho paura che mi distragga dalla scrittura”.
Ho un post in arrivo su questo tema.
Twittami quando la tua sorpresa è pronta! A presto, ci si legge qua in giro 🙂
Lisa Agosti dice
Bellissimo articolo, attendo gli altri con trepidazione.
Caro C., mi dispiace per le tue brutte esperienze, spero che serva di lezione a tutti noi.
Purtroppo in ogni campo bisogna investire tempo e soldi, la gavetta va fatta. In qualsiasi professione bisogna calcolare una perdita iniziale, e per alcuni può valer la pena sborsare Euro per un EAP pur di vedere il nome di una casa editrice a dar risalto al titolo. Non escludo che lo farò se sarò disperata di vedere il mio romanzo pubblicato, anche se al momento mi sento super certa che non lo farei mai e poi mai.
Serena dice
Io sono sicura che non lo farai, Lisa. Lo ipotizzi, perché le persone intelligenti sanno perfettamente che non si dice “mai” a proposito di nulla. Nella vita vera “mai” e suo fratello “sempre” son solo parole, il più delle volte. E poi non credo che ti possa interessare sul serio avere il nome di uno di questi truffaldini accanto al titolo del tuo romanzo. Perché mai, scusa? Per fare la figura della polla? Ma piuttosto creati una casa editrice tua, pensa che bella la Deagostibus Digital Edizioni! XD. E invece di pagare loro, stampati 200 copie in una tipografia che lavori bene, senza intermediari. Pagati un editor scelto da te, con la tariffa che va bene a te. Così hai fatto EAP con te stessa. Con risultati anche migliori!
Il punto è che un EAP non è un editore. Una casa editrice a pagamento non esiste. Non si contrappone a una casa editrice gratuita, è una contraddizione in termini perché fanno due lavori diversi. Una casa editrice vende libri con un sistema di distribuzione, giù fino ad arrivare al lettore finale. Una EAP vende dei servizi a te, facendoteli strapagare. E per finire, il colpo da maestri: vende a te i tuoi libri! Dei lettori non si cura. Quando ha incassato, è finita così. Smettiamo di chiamarle case editrici a pagamento, dai. Adesso ci penso bene e vedo di coniare un termine che li descriva bene per quello che sono.
Grazie di essere passata di qua, tesoro. Ci vediamo presto qua in giro 😉
Grazia Gironella dice
Non ho mai avuto questo genere di esperienze (detto così sembrano altre cose…). Il mio agente applica una tariffa per la valutazione iniziale del manoscritto, dopodiché prende solo la percentuale sulle vendite. C’è da dire che per ora non mi ha trovato un contratto, perciò non so fare un bilancio. Di sicuro non avrei accettato di pagare extra, non perché sono furba e tosta, ma perché non ha senso pagare in un mondo dove nessuno si spende realmente per te. Il tuo “keep calm” me lo sono stampigliato bene in mente anni fa! Credo comunque che un autore oggi debba tenere gli occhi aperti per individuare spiragli ed essere disposto a cambiare.
Serena dice
Io la valutazione iniziale la pagherei senza farmi problemi, sai? Credo anche che farò valutare professionalmente la mia “Cristallo” (se si chiamerà ancora così XD ) prima di autopubblicarla o proporla o qualunque cosa io decida di farne. Mi sto già informando: sbircio editor, agenti, tariffe, tipo di servizio, e credo che un professionista serio con una tariffa onesta si meriti tutto il suo salario.
Nel mio piccolo, anzi piccolissimo, mi sono resa conto in modo diretto di quanto tempo prenda e quanto sia faticoso leggere i lavori di qualcun altro con l’attenzione richiesta da una valutazione. Ho giudicato dei concorsi amatoriali di scrittura, e certe volte mi sarei sparata pur di evitarmi la lettura di certe robe… ma dovevo farlo e l’ho fatto. Magari sono arrivata in fondo boccheggiante, ma ci sono arrivata, e poi mi sono pure sparata la stesura di lunghissime spiegazioni su cosa non funzionava e perché. Un fatica O_O e tutto gratis!
Perché, quindi, non si dovrebbe pagare qualcuno a cui si decide di proporre un nostro lavoro, magari di centinaia di pagine? Poi credo sia tutta una questione di leve commerciali. In questo momento gli agenti hanno la fila alla porta, e ci sta che in prima battuta si facciano pagare per la valutazione del prodotto che andranno a rappresentare. Fanno un lavoro vero.
Per farla breve, se la tariffa è onesta, non vedo nulla di male nell’operato del tuo agente, anche perché se no non sarebbe il tuo agente, ne sono sicura XD
Per come la vedo io, individuare spiragli ed essere disposto a cambiare significa: valutare il self publishing. Che fa ancora brutto, per qualcuno, ma è il futuro. Mi sembra sia Mark Coker, se non ricordo male, che dice che entro dieci anni tutti i libri saranno autopubblicati.
Comunque ne riparliamo, di tutto.
Grazie di essere passata. Un bacione <3
Sandra dice
Ho pubblicato il mio primo romanzo con un EAP che faceva pagare l’editing, lavoro ottimamente fatto, va detto. Il secondo con un piccolo editore che non ha chiesto alcun contributo, non pubblicizza ma completamente free. Il terzo con un editore digitale ottimo, il romanzo sta vendendo molto bene e ho avuto anche un rimborso spese in occasione di un evento al quale sono stata invitata (vitto e alloggio fuori regione). Le royalties mi sono appena state bonificate, un’ottima percentuale, senza dover sollecitare chiedere ecc. Ho trovato questo editore grazie all’agenzia che da oltre un anno mi rappresenta. Cosa posso dire a C.? Che occorre crescere in ogni senso, professionalmente e come competenze e consapevolezza. Non vado fiera di aver pagato l’editing del primo, ma da lì sono nate molte cose, un effetto matrioska, per cui va bene così e comunque non rinnego nulla, alla seconda proposta similare chiaramente ho detto no e ho continuato a scrivere sì, ma anche a guardarmi in giro, lavorando davvero tanto. Un vero agente non chiede soldi, meno che meno di continuo.
Al massimo una quota per la valutazione dei manoscritti, prima di decidere se averti nella tua squadra. Il mio non ha chiesto nulla, lavora come un procuratore sportivo, altrimenti agente non è. Continuare così non lo porterà da nessuna parte.
Serena dice
Ciao Sandra, bello averti qui 😀 Spero che C. legga e apprezzi tutto quello che hai scritto, e non solo lui. Io personalmente sono onorata che tu abbia condiviso qui la tua esperienza.
Credo non ci sia niente di male nel sostenere una parte dei costi di produzione di qualcosa, libro incluso. Purché le condizioni siano chiare, i patti vengano rispettati, e il rapporto non si basi su premesse fumose ed illusorie come è il caso dell’EAP. Se l’editing è stato fatto bene e nessuno ti ha puntato una pistola alla tempia, non è andata poi così male, no? Visto quel che ne è seguito, direi che è andata benissimo!
Va male,invece, quando si illudono le persone, si pubblicano testi senza nemmeno leggerli, si chiedono cifre spropositate per servizi mai prestati e si gioca sull’ignoranza delle vittime, dove con la parola ignoranza si intende solo la non conoscenza dei meccanismi di domanda e offerta. E la scarsa consapevolezza delle proprie reali potenzialità, sulle quali siamo tutti molti pronti ad illuderci.
C’è però anche una bella parte di responsabilità degli autori. Hai ragione tu quando dici che bisogna crescere in competenze e anche appunto, in consapevolezza.
Se io lascio un portafoglio su un tavolo in una stanza piena di ladri, e un ladro me lo prende, lui è un ladro, ma io sono un fesso. Purtroppo. L’EAP prospera perché tantissimi autori continuano a cascarci.
Per questa ragione io, ogni volta che ne ho l’opportunità, tipo al Laboratorio ma praticamente ogni volta che parlo in pubblico, ripeto fino allo sfinimento di non cacciare un euro a nessuno XD
Grazie di essere passata, spero di ricambiare la visita presto. E sappi che ti leggo sempre con tanto piacere in giro per i “nostri” blog. Un abbraccio!
sandra dice
Be’ ma grazie, non vedo perchè tu debba essere onorata della mia presenza 😀 sono una persona normalissima che gira in rete e si ferma quando trova qualcosa di interessante e ahimè quando ha un attimo di tempo. Bacio Sandra
Serena dice
Forse “onorata” è un po’ antiquato, uso un più banale “felicissima”? Anche “lusingata” potrebbe andare XD. È per il fatto che tu sei una che ha esperienza, esperienza vera, come pure la Grazia, anche se sull’onda della chiacchiera mi sono scordata di sottolinearlo.
Quanti di noi possono dire di avere all’attivo tre libri? La tua, come quella di Grazia, è esperienza vera, e sono contentissima che tu ti sia fermata qui a raccontarla. Grazie e bacio!
Giordana dice
Devo dire Sandra che il tuo agente, per quel poco che ho visto anche in occasione dell’intervista, mi piace molto. Peccato che se non ho capito male non valuti il mio genere e, soprattutto, peccato che non si trovino molti soggetti che lavorino così.
Serena dice
*si intromette* Ciao Giordana, benvenuta 😀 Verrò a trovarti appena riesco, ma nel frattempo mi diresti in che genere scrivi?
Grazie per essere passata!