Oggi la carissima Maria Teresa Steri ha pubblicato questo post e io, chissà perché XD mi sono sentita chiamata in causa, anche se in realtà non mi riconosco nella definizione di “una che ha smesso di scrivere”. Anzi, mentre leggevo il post mi è venuta un’idea per un nuovo romanzo, e altri due sono già pianificati, anche se non ho voglia di scriverli.
Di fatto, non scrivo materialmente più e neanche aggiorno il blog, perché mi pesa infinitamente accendere il PC nei momenti liberi. La sera non se ne parla proprio, nel weekend i momenti liberi praticamente non esistono. Però non c’è nessuna decisione razionale in questo, e soprattutto nessuna tragedia. E nemmeno disillusione, o almeno non recente.
Quando ho inziato a scrivere (pubblicamente) la mia illusione era quella che, facendo le cose giuste, un passo alla volta, avrei potuto vivere di scrittura; narrativa, non editing o altro. Ma sono ormai passati anni da quando mi sono resa conto che non era possibile, per via di banalissime leggi di mercato, e sono presto passata allo scrivere perché una storia urlava dentro di me. Tipo il primo capitolo di Buck, che si è scritto da solo.
Mi ha fatto anche immensamente piacere scrivere, o in ogni caso darmi da fare con la narrativa, per combinare qualcosa di buono, come è stato con Buck e il Terremoto.
Ho sempre scritto, in questo momento non scrivo, probabile che in futuro io scriva di nuovo. Quando mi sono accorta che non ne avevo più voglia è stata effettivamente una botta emotiva che non sapevo spiegarmi razionalmente: come si fa ad essere in lutto per qualcosa che non si ha voglia di fare? Eppure era come se qualcuno mi avesse VIETATO di scrivere. Strano, vero? Potevo prendermela con me stessa per non avere più voglia di scrivere? Alla fine ho pensato che forse mi odiavo perché stavo mandando al diavolo un pezzo della mia identità che amavo molto; e non si scrive per poter dire di avere scritto. Si scrive se è importante farlo, e non so se l’ego sia sempre una buona spiegazione, e in che misura.
Ecco, forse la spiegazione è questa.
Ma poi è passato. Fine della depressione, e troppe cose più importanti da fare. O anche solo più divertenti.
Mi sono messa, nel (sempre pochissimo) tempo libero, a costruire junk journal, chi mi segue su FB e Instagram sa di cosa parlo. Mi piace da morire, e capita che la sofferenza di non potermi sedere a creare mi faccia stare male… esattamente come succedeva con la scrittura. Tra famiglia, lavoro, mamma anziana, gatti anziani pure loro (non solo i miei, anche quelli del mio defunto papà ai quali mamma sta dietro con difficoltà) e altro, ci sono momenti in cui non so davvero dove girarmi.
C’è un’altra cosa che mi prende un po’ del tempo che era per la scrittura, ed è l’attivismo.
Partecipo attivamente agli scioperi per il clima, e per quanto riguarda me, Serena, sarebbe impossibile rinchiudermi nel mio piccolo mondo a scrivere mentre è in corso un dramma come quello della crisi climatica. Della quale purtroppo siamo ancora troppo pochi a renderci conto.
Faccio parte di un gruppo di adulti scout, di un comitato cittadino di riforestazione e di un coordinamento nazionale di genitori che sostengono i Fridays for Future, proprio loro: Greta e gli altri.
Ogni tanto Anna e Heath mi tirano per la giacchetta e insistono perché prosegua la loro storia. E io gli rispondo: “E dove diavolo ve la ambiento, la storia, se la vostra foresta è in fiamme? Zitti e lasciatemi lavorare!”
Sempre che non mi prenda la disperazione, come mi è successo durante l’emergenza incendi in Australia. Ho pianto, lacrime vere. Non mi vergogno a dirlo.
C’è anche questo problema: che, almeno per me, la scrittura richiede speranza, perché amo le storie a lieto fine. Ed è vero quello che Greta ha detto in uno dei suoi discorsi: che se si comincia ad agire, la speranza poi arriva. Quindi non è tempo di stare seduta a scrivere, per me. Manca il presupposto. E il presupposto si costruisce con l’azione.
Vi voglio bene. A presto, spero.
Silvia dice
Ho poco da aggiungere, perché ci siamo già parlate a voce. Posso solo dire che, secondo me, chi ha la passione della narrazione, non smette mai di scrivere. Può sospendere, può smettere di progettare, ma la scrittura si realizza comunque in altre forme , fossero anche solo pensieri. L’anno scorso, quando facevo il progetto di digital storytelling con i bambini, dicevo loro che le storie sono dappertutto, basta saperle riconoscere. Questo è l’importante. Il resto è solo vanità.
Serena dice
Vanità di Vanità <3 Hai ragione.
Ho creato un jj per un'amica erborista, tutto verde e pieno di foreste e piante. Credo che anche quello fosse una storia, una storia d'amore per l'esattezza, solo che non era scritta con delle parole.
Barbara dice
Uno nella vita deve fare quello che gli piace, quello che sente dentro, punto. Se in questo momento tu hai bisogno di altre attività creative e di impegnarti in altri fronti, non vedo il problema, anzi. Il tema dell’ambiente è finalmente sentito molto forte, anche il My Peak Challenge, in cui sono impegnata io, quest’anno ha addirittura modificato il logo inserendo tre pini e devolvendo parte del denaro anche ad una charity ambientale. Perché dalla salute dell’ambiente dipende anche la salute dell’uomo. 🙂
Serena dice
Ma infatti. Nessun problema, se non che è stato un vero “lutto” in un primo momento, quando ero ferma da un po’ e avevo paura che la scrittura non tornasse più da me. E’ stato qualcosa da superare, e senza poter prendere medicine per guarire. Adesso ne sorrido, così come mi fanno sorridere i drammi di chi “ha deciso di smettere”, non perché li trovi divertenti o ridicoli, ma perché so che passa; ma riconosco che arrivare alla serenità è stato un viaggio che non ho scelto io. Bisogna farselo tutto.
Va da sé che preferirei non dovermi preoccuparmi del casino climatico in cui ci siamo infilati, ma non posso farne a meno.
E bravi quelli della Challenge. In bocca al lupo per il 2020 🙂
Kriz dice
Credo che la vita sia fatta di fasi che , tutte, ci rispecchiano. Scrivere è un atto creativo e una espressione di se, attraverso un processo che è anche di meditazione che si fa attiva, nè più ne meno come costruire qualcosa con le proprie mani o dedicarsi con passione a qualcosa in cui si crede e di cui (per citarti ) “si sente l’urgenza”. E io ti capisco benissimo. Le fasi sono anche cicli, nel senso che a volte tornano, a vote rimangono lì nel ricordo, a volte tornano ma un po’ diverse, cambiate, maturate , perchè le nostre fasi siamo sempre noi che cambiamo e maturiamo e ci stratifichiamo nelle nostre esperienze. D’altra parte siamo tutti persone complesse, mica ci si può etichettare in “io sono una scrittrice!” o qualsiasi altra cosa. Un abbraccio e un arrivederci. 🙂
Serena dice
Quanto hai ragione, Cri. Soprattutto sul fatto di non potersi etichettare. Attaccamento, attaccamento a queste etichette che ci mettiamo addosso, che a volte assomigliano tanto alle stampelle di un Io zoppicante. Siamo persone complesse, ricche, anzi ricchissime; non abbiamo bisogno di attaccarci delle e alle etichette. Non posso non sospettare che quando questo avviene c’è sotto un problema più profondo. Non giudico nessuno, ma mi sento grata di avere comunque altre risorse, e in ogni caso lo scrivere è lì che mi aspetta, appena ci sarà l’urgenza di raccontare qualcosa.
Grazie di cuore per essere passata. Un bacione!
Grazia Gironella dice
Che piacere sentirti! Mi riconosco in parte del tuo percorso, soprattutto nella fase ottimista, quella in cui si crede che facendo i passi giusti si arrivi dove si vuole, e dove si credere di meritare un posto. Questa è un’illusione dannosa che ci viene inculcata, anche con scopi positivi: se ti impegni, se metti passione in ciò che fai, alla fine vieni premiato. Yes, we can alla massima potenza. Impegnarsi, invece, e compiere scelte ragionate, è solo la condizione perché anche le possibilità più remote possano avverarsi – remote, appunto. Il premio, quello vero, è godersi il piacere di scrivere, o dipingere, o suonare. Quanto a smettere di scrivere, cerco di uscire dalla paura che sospendere per un periodo equivalga a concludere questo capitolo della mia vita. Sono meno felice quando non scrivo, questo l’ho verificato; ma non mi piace temere il cambiamento, non voglio scrivere per la paura di non scrivere più. Come dimostri con il tuo percorso personale, ci sono altre passioni in una vita ricca. (In ogni caso sto scrivendo. :D)
Serena dice
Io sono una di quelle che bazzicava i siti di crescita personale americani, le youtuber ragazzine che insegnavano agli altri come essere persone di successo. Poi mi sono ripigliata, mi sono data un’occhiata e mi sono detta che magari ero io ad avere un paio di cosette da insegnare XD; così ho cominciato ad essere più critica con chi spamma illusioni. Quanto è dannosa, quanto è velenosa questa propaganda tossica che se fai le cose giuste hai successo; perché lascia intendere, nemmeno troppo velatamente, che se non hai successo allora hai fatto le cose sbagliate, hai sbagliato tu. Colpa tua. COLPA, questa è la parola chiave. Seguo molto quello che succede oltre oceano, perché penso che le prossime elezioni americane decideranno il destino del mondo. Il caro vecchio Bernie Sanders sarebbe il mio presidente, se potessi votare. E allora seguo questo dibattito tra lui e i suoi, che vogliono diritti di base garantiti a tutti, e quelli che dicono, per dirla veloce, che se sei povero è colpa tua perché “nell’era di Internet non è possibile essere poveri”. Che tutti possono mettere su un business e diventare ricchi. Quindi, se dei genitori non sono in grado di pagare la mensa ai figli, è colpa loro, e che la colpa ricada pure sui bambini, che digiunino pure. Sì, hai letto bene, anch’io ho dovuto leggere due volte per crederci.
Come dici giustamente tu, possiamo fare del nostro meglio con tutte le nostre risorse, ma non abbiamo in mano tutte le trame dell’universo. Non tutto dipende da noi. E molto dipende anche dalla nostra definizione di successo. Per qualcuno, successo è essere scelti da una grossa casa editrice, per altri essere letti, per me non perderci dei soldi XDDDD e essere letta. Non mi sento di non avere avuto successo, con i miei libri, se penso alle emozioni che ho suscitato; anzi, mi sento immensamente fortunata. Non era così all’inizio, però, e quindi capisco.
Attaccamento, attaccamento. E’ la malattia più brutta. Anche attaccamento al nostro io che scrive. Se smettiamo di scrivere la scrittura non sparisce, e non spariamo noi, soprattutto. Non dovessi più scrivere, il mio Buck comunque esiste, caro il mio cagnone.
Ho altro da dirti, in privato, ma non mi sono ancora arresa al mandarti una semplice email XD Ho progetti più ambiziosi! Un abbraccio grande grandissimo <3
Maria Teresa Steri dice
Ma quanto è bello questo post, Serena. Mi sono emozionata sul serio a leggerti. Alla fine, non è questo la scrittura, se non trasmettere delle emozioni vere? Ti dico che al di là di tutto, non ho pensato a te come una che ha smesso di scrivere. E’ curioso che molte persone si siano sentite “chiamate in causa” dal mio post, anche se in verità io pensavo soprattutto a chi ho conosciuto nell’arco di questi anni e ha mollato sul serio, in un modo così radicale che non è minimamente paragonabile a chi come te sta vivendo una fase diversa della vita. Per me quello che stai facendo, Serena, è ammirabile a un livello che non so descrivere. Abbiamo dei veri drammi in atto e chiudersi a scrivere appare in effetti come una sorta di egoismo. Però in fondo si scrive per comunicare, per esternare emozioni. Se poi continuano a venire fuori idee per storie come ti è capitato, allora la scrittura ce l’hai ancora dentro, non c’è dubbio.
Serena dice
Grazie… Sia per queste bellissime parole, che per quel post che mi ha stimolato a fare il punto su chi sono o cosa sto facendo. Anzi, penso che dovrò aggiornare la mia pagina Now, che è rimasta un pochino indietro XD. Era un post pieno di emozione e non posso che essere profondamente felice che ti sia arrivata. Se quello che sto facendo sia bellissimo non lo so, se sta tutto nell’intenzione allora ti dico che non mi sembra bellissimo, mi sembra normale perché non posso fare diversamente. Nulla di nobile in questo, solo una necessità. La scrittura ce l’ho ancora dentro, hai ragione. Provo ancora troppo dolore per quello che sta accadendo, ho il problema di non girarmi troppo il coltello nella piaga, di distogliere il pensiero per riuscire a “funzionare” bene nel quotidiano. Ma mi ispira, oh se mi ispira. Mi ispira grida di dolore. Un giorno, magari in una fase di elaborazione, ci puoi giurare che ci scriverò su.
So che per te non è un periodo bellissimo. Posso solo dirti, come spero di avere già fatto, che ti sono vicina: non sembra, ma ci sono ancora, nella nostra piccola famiglia online.
Ti abbraccio forte.