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Serena Bianca De Matteis

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Alle sei della sera

5 Ottobre 2015 di Serena 14 commenti

– Me lo racconti ancora?
– Ancora? Sei sicuro?
– Sisì, ancora.
Una volta era “ancoLa”. Poi col tempo è diventato “ancoRa”, con buona pace delle maestre e dei gruppi consonantici instabili. Una cosa non è cambiata: tra le mie storie, questa è quella di maggior successo. Ha un pubblico fedelissimo che non ne ha mai abbastanza, la ripeto anche tre quattro volte al mese.
– Dunque, quella mattina io e papà ci siamo alzati prestissimo, tipo alle cinque, perché io dovevo andare in clinica a fare degli esami. Mi ha accompagnato e poi è andato a lavorare, io sono rimasta lì ad aspettare che mi facessero tutti questi esami. Poi mi è venuta una fame, ma una fame e tu ridi così ho telefonato alla nonna e le ho detto mina per favore quando vieni mi porti un panino al prosciutto?
– Non mi piace il prosciutto. Non potevi prendere pane e Nutella?
– …
– E la nonna te l’ha portato, il panino?
– Certo che sì. Mi ha portato un panino enorme con un sacco di prosciutto e anche un succo di frutta e una merendina.
La nonna corre sempre quando qualcuno ha bisogno di lei. Treno, auto, aereo, a piedi, piccola e secca e magra con le sue borse sottobraccio, il passo più svelto del mio. Se l’amore si misurasse a chilometri, la nonna potrebbe fare il giro del mondo e pure all’altezza dell’equatore, dove il mondo è più largo. Anche tre volte, secondo me.
– Poi ti è venuta la febbre e hai telefonato a papà.
– Sì. Gli ho telefonato al lavoro e gli ho detto guarda che nasce, lo fanno nascere, corri.
– E lui è arrivato subito?
– Un paio di… No, non subito.
“Dove cazzo sei? Guarda che nasce!”
Sto arrivando, mi dice, serafico. Non perde mai la sua calma olimpica e io delle volte lo strangolerei. Altre volte, invece, penso che qualcuno lassù ci ha visto lungo. Di fianco a una che sclera, si terrorizza, parte in quarta, accelera e poi frena di colpo, ci vuole uno che quando gli dicono che sta per nascere suo figlio fa due telefonate, finisce una pratica e poi, calmo calmo, attraversa Milano per le strade secondarie. E arriva puntuale e fresco come una rosa.
– E tu avevi voglia di vedermi?
Se avevo voglia di vederti, mi chiedi. Più che altro avevo voglia di riavere indietro i miei polmoni. Avevo una pancia che faceva provincia e tu coi piedini mi schiacciavi il diaframma e mi impedivi di respirare.
Vederti.
Vederti.
Ti ho aspettato quindici anni, giorno più, giorno meno, e ho perso il conto dei muri che ho buttato giù a testate, per vederti.
Per vederti.
– E poi la dottoressa ti ha tirato fuori e ha detto ” Oh mio Dio quanto è bello” e io volevo vederti, ma mi hanno detto aspetti un secondo che è ancora attaccato. E dopo ti ho visto e tu hai visto me, e avevi gli occhi aperti. E ti ho detto benvenuto.
– Ma papà poi è arrivato?
“Dove. Cazzo. Sei? E se se lo perdono? Se lo scambiano? Gli mettono la fascetta sbagliata e lo danno a qualcun altro? Se…”
“Arrivo. Ti porto un panino al salame?”
– Certo che è arrivato, papà. Ti ha fatto lui  il bagno, e poi ti ha portato da me in un fagotto bianco, con le manine che spuntavano. Ci hanno lasciato un pochino lì insieme tutti e tre, e fuori c’erano tutti, i nonni, la zia Sam, lo zio, tutti, e ti hanno fatto un sacco di festa.
Sei nato alle sei della sera, quando sarebbe ora di staccare, di andare a casa, di rinunciare. E invece sei arrivato, hai fatto impazzire l’orologio, il tempo,  la mia bussola, i meridiani del mondo.
Pensavo di andare a casa, fine della partita, tanti saluti allo stadio vuoto. E invece no, si fa lo straordinario.
Il miracolo.
Le storie hanno una trama, la vita no.
– E poi?
– E poi papà aveva portato pane e salame, che me lo sono sognato ogni notte per nove mesi, e abbiamo fatto festa
e la faccio ogni giorno e ancora non ci credo.
“Non sei mai stanca, non ti pesa niente”
No che non mi pesa. Quanto pesa la felicità?
Una volta mi chiedevo perché io no, ora mi chiedo
perché io sì?
– Eri contenta, vero? Vero?
– Come te quando arriva Babbo Natale. Non scherzo, davvero.
Però, se me l’avessero detto.
Se mi avessero detto che avere un figlio è come avere il torace aperto e gli organi interni esposti
un pezzo di te cuore polmone fegato, che se ne va a spasso per il mondo
sempre più lontano
senza corazza senza cintura di sicurezza
e tu devi lasciarlo andare.
Certo che ti avrei voluto, ma l’avrei messo sul piatto della bilancia.
Mi sarei chiesta “sei abbastanza forte?” Mi sarei risposta di no.
Ma avrei continuato a cercarti.
.
Buon compleanno, mamma.
.
Alle sei della sera

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Interazioni del lettore

Commenti

  1. Marta dice

    14 Aprile 2016 alle 21:10

    Meravigliosa!!!
    Ludovico compie 1 anno il 26 e ancora non mi sembra vero!!

    Comunque… Approdo qua tramite “rising sun” e dopo averla letta tipo x la quarta volta ho cliccato su “Che fine ha fatto j ”

    Rispondi
    • Serena B. White dice

      28 Aprile 2016 alle 12:56

      Ciao Marta! …quattro volte? Wow e SuperWoW, come credo di avere detto altre volte, che cosa può volere di più una scribacchina?
      Allora adesso c’è Ludovico nella tua vita, complimenti *_* Sono certa che, adesso che c’è lui, certi passaggi di quella vecchia storia, di una certa mamma con in braccio un certo bimbo, ti appaiono più… diciamo intensi.
      Grazie di essere passata a trovarmi qui. Sto attraversando un periodo piuttosto… difficile, diciamo così, ma conto di riapparire presto e con una nuova storia finita.
      Ancora grazie grazie e grazie. Un abbraccio fortissimo!

      Rispondi
  2. Lisa dice

    8 Ottobre 2015 alle 19:18

    Che dolcezza, mi commuovo! 😀

    Rispondi
    • Serena B. White dice

      11 Ottobre 2015 alle 20:03

      Giuro che io volevo fare un po’ ridere con questo post XD Dovevi vedere com’ero incazzata quando la mia dolce egregia metà non arrivava XDDD
      Grazie <3

      Rispondi
  3. Grazia Gironella dice

    7 Ottobre 2015 alle 6:04

    Non dico che commuovere me sia un’opera titanica, ma hai toccato un tasto delicato nel finale… già, essere mamme è proprio così. E tante altre cose in mezzo. Grazie! 🙂

    Rispondi
    • Serena B. White dice

      11 Ottobre 2015 alle 20:02

      Grazie a te, e scusatemi per il ritardo con cui rispondo ai commenti… ho un mal di schiena dell’accidente e faccio fatica a stare al PC.
      Se ho commosso una difficile da commuovere, doppia soddisfazione 😛

      Rispondi
      • Grazia Gironella dice

        11 Ottobre 2015 alle 20:56

        No no, il contrario! Mi commuovo spesso e (almeno un po’) volentieri. Tu però racconti molto bene. 🙂

        Rispondi
        • Serena B. White dice

          11 Ottobre 2015 alle 21:20

          Grazie gioia <3

          Rispondi
  4. Marco Amato dice

    6 Ottobre 2015 alle 11:03

    Mamma e cucciolo che si ritrovano a parlare del loro big bang che ha plasmato nuove stelle, galassie e inarrivabili mondi. 😉
    La vita nei giorni che ci trascina come un fiume senza tregua e noi col setaccio dei ricordi a raccogliere pepite. Non d’oro, ma d’amore purissimo.

    Rispondi
    • Serena B. White dice

      11 Ottobre 2015 alle 19:59

      Hai ragione, è stato proprio un Big Bang.
      Fino a quando mio figlio ha compiuto cinque anni ho tenuto un diario della sua crescita… Non l’ho ancora riletto, ho paura di emozionarmi troppo XD

      Rispondi
  5. Samina dice

    6 Ottobre 2015 alle 9:48

    Uff… Mi fai sempre piangere!!

    Rispondi
    • Serena B. White dice

      6 Ottobre 2015 alle 10:05

      Ma nooooooo! Io volevo farvi ridere! 😀
      (Non è vero. Mi sono un po’ commossa anch’io mentre scrivevo, cara amica di pancia e di vita. Bacio <3 e grazie di essere arrivata qui <3 )

      Rispondi
  6. Erica dice

    5 Ottobre 2015 alle 22:40

    Sob.

    Rispondi
    • Serena B. White dice

      6 Ottobre 2015 alle 10:03

      *allunga fazzoletto* Dai, su, Baldà, non fare così. Tu pensa all’attuale Devastatore di Mondi allievo di Darth Vader e Pastore di Dinosauri, che il magone ti passa subito.
      ( grazie <3 e bacio <3 )

      Rispondi

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