Sono un po’ emozionata, lo confesso,
e detto da me è strano perché sono abbastanza nota per avere la faccia come il AHEM per non avere mai il problema di trovare qualcosa da dire. Casomai, ho il problema di stare zitta. Non sarebbe male imparare a farlo, o almeno a contare fino a dieci prima di procedere, ma ormai alla mia tenera età ho perso le speranze. Quando Anubi peserà il mio cuore posando la piuma sul piatto della bilancia, troverò da ridire sulla tara e sul bilanciamento. Quando San Pietro mi chiederà che diavolo ci faccio alla Porta, probabilmente pretenderò di parlare con il Direttore.
Non ho neanche paura di parlare in pubblico. Mi è accaduto di farlo davanti a un bel duecento persone, quando ero ancora una piccola manager rampante. In ogni caso il numero non è mai stato un problema. Un giorno che se ne discuteva a casa sua, Daniele disse saggiamente: una volta che cadi da quindici metri o da duecento, che differenza fa? Ti spiaccichi uguale.
Allora come si spiega che io oggi sia così emozionata?
Non ho mai avuto bisogno di trucchetti per aiutarmi a parlare, sapete quello cose tipo scegline uno in prima fila e guarda solo quello oppure immaginali tutti seduti sul WC. Ma oggi forse un aiutino mi serve, perché stavolta sì, è importante. È davvero importante, per me. Ci ho messo anni per arrivare qui. Qui dove, direte voi? Non è mica un ChissàDove favoloso dove accadono cose straordinarie, è solo un posticino nel Web, una manciata di bit, un groviglio di stringhe di codice intrecciate in un sito WordPress dove però ho finalmente il coraggio di…
Tre
Due
Uno
*respira forte*
Di chiamarmi scrittrice.
Che strano.
Guardate che io sono la prima a tirare giù dall’altare – a colpi di pomodori maturi e romanzi di Foster Wallace* – quelli che pensano alla scrittura come a una missione divina, anzi spesso accosto scrittura, uncinetto e pane fatto in casa. Con una certa irriverenza. Nel senso che l’uncinetto e il pane fatto in casa son cose molto più serie.
Eppure oggi sono emozionata.
Perché ad arrivare qui, davanti a voi, a dirvi queste cose come scrittrice, ci ho messo degli anni.
Più che altro, ci ho messo un secolo (no, mezzo. Lo dice l’anagrafe.) a osare chiamarmi scrittrice. Che cosa io intenda dire con questo, sarà presto oggetto di un altro sproloquio.
Però, siccome mentre scrivo mi sto emozionando, e in fondo al post in qualche modo ci dobbiamo arrivare, facciamo che per oggi userò il trucco n. 1, quello di scegliere una persona a caso in prima fila e rivolgermi a lei. E scelgo la.. dai, chiamiamola Silvia, tanto lei si riconoscerà. Sperando che non si arrabbi con me se l’ho scelta, anzi sperando che leggendo questo articolo capisca quanto è stato importante, per me, quello che ha fatto. Cioè, mandarmi questo messaggio:
Ciao [mionickname], solo per dirti che la tua meravigliosa storia mi è talmente rimasta nel cuore e mi è talmente piaciuta che, a distanza di 2 anni dalla prima volta, l’ho riletta ancora e ancora e … sono emozionata, mi lascia ancora senza fiato e con il cuore pieno di emozioni e le lacrime agli occhi.
Devo dirti che ho letto anche [altramiastoria] e che, nonostante l’amarezza e l’angoscia che mi lascia dentro, è favoloso!!
Poche volte mi sono appassionata tanto alla lettura, e per questo ti chiedo di non smettere di scrivere e di emozionarci!… a proposito hai già pubblicato qualche libro che oggi passo in libreria e lo compro subito!!! 🙂
Grazie ancora,
Silvia.
Allora io adesso mi immaginerò la Silvia seduta in prima fila e dirò tutto a lei.
Ecco, Silvia, volevo confessarti che in realtà ho cominciato a scrivere per me stessa.
Mi piacerebbe tanto poter dire che scrivo storie da quando ero piccola, mammamiacomesonobrava, mammamiasonopredestinata, ma direi una balla. Ho sempre scritto per me, in realtà. Ho tenuto montagne di diari e anche un diario sul web, un blog, che mi ha aiutata a superare un grande dolore aiutando qualcun altro a superarlo. Non mi ha mai sfiorato neanche l’anticamera del cervello l’idea di scrivere delle storie, anzi, mi vedevo più come una giornalista, e avevo perfino fatto una promessa a una vecchia zia maestra che mi adorava (ciao, zia Luisa). Le ho promesso che avrei studiato lettere per fare la giornalista. Invece poi ho fatto lingue e sono finita a vendere robe in giro per il mondo. Evabbè.
Poi un giorno sono inciampata in una storia che finiva in un modo troppo idiota per essere vero. E vendeva pure milioni e milioni di copie. Mi sono veramente arrabbiata e ho deciso che qualcuno doveva pur dire qualcosa, salvare quei due poveracci, soprattutto lui perché lei, per quanto era idiota, si meritava anche una fine idiota, così ho buttato giù un racconto che si è scritto da solo. Ci ho messo una cinquantina di minuti, a scriverlo. Poi l’ho messo su quell’archivio online e…
E si vede che non avevate niente di meglio da fare, perché avete cominciato a leggere, e in tanti, e non avete più smesso. Ho smesso prima io di scrivere che voi di leggere. E chi diavolo se lo aspettava che saresti arrivata tu, Silvia? E poi Sandra, Arianna, Carmen, Veronica, Erica, Chiara, Roberta, Giovanna, Alessia, Manuela, Giulia, Irene, Noemi, Stefania e… tutte loro. Tutte voi.
Bei tempi quelli di [nomemiastoria]… abbiamo vissuto una bella avventura, e se a voi è piaciuto leggere, credimi che a me è piaciuto altrettanto scrivere.
Ho un romanzo in arrivo entro la fine di quest’anno, è finito e mancano le rifiniture: revisione, una bella copertina e poi via, lo butto nel mondo sperando che si faccia onore.
Ti ho scritto così nella mia risposta, Silvia e boh, non c’è molto altro da dire nel primo articolo di questo blog. Il resto vorrei che venisse dal cuore, strada facendo.
La mia storia si chiama Cristallo, per il momento, a meno che a qualcuno venga in mente un titolo migliore.
Io ve la regalo, se la volete è vostra.
Farò del mio meglio per raccontarla bene. In cambio, fatemi compagnia. Lo avete già fatto, ed è stata una delle cose più belle che mi siano mai capitate.
Note
*I libri di David Foster Wallace sono bellissimi e pesano moltissimo. La mia amica Erica, che lo adora, dice che con i libri di Foster Wallace si può uccidere un mammifero di medie dimensioni.