Ciao e benvenuta, Maria Teresa Steri.
Sono certa che i lettori di questo blog apprezzeranno quello che hai da raccontarci sulla genesi del tuo romanzo, e sono certa che daranno una possibilità a quella che si presenta come una storia davvero intrigante.
A te la parola!
Quando cominciai a scrivere questo romanzo, non avevo un’idea precisa della trama. Tutto nacque da un sogno, uno di quei sogni in cui non sei protagonista bensì ti ritrovi a essere testimone di una storia.
Quando mi svegliai, la maggior parte delle immagini oniriche erano sfumate ma era rimasta impressa la raffigurazione di un luogo sperduto tra le montagne, dove un gruppo di persone viveva in totale isolamento. Di loro sapevo che erano stati radunati per un progetto spirituale, niente di più. Ricordavo bene anche una sorta di incipit che la mia mente aveva tracciato in dormiveglia:
Il villaggio si svegliò sotto la neve. Se tale poteva definirsi il sottile strato di nevischio che durante la notte si era depositato sull’agglomerato di case, facendolo assomigliare a un surgelato coperto di brina dimenticato in un angolo del freezer.
Eppure, se qualcuno si fosse arrampicato su per la stradina sterrata che costeggiava la zona, dopo un giro tortuoso e vano sarebbe tornato al punto di partenza senza raggiungere mai la comunità tra le colline e senza mai scorgere altro che ammassi di rocce grigiastre simili a pietre lunari imbiancate.
Appena sveglia, mi affrettai a riportare sulla carta queste righe, che avevano acceso la mia fantasia. Un luogo nascosto alla vista, magico e non rintracciabile dalle persone comuni. Mi sembrava un ottimo inizio!
In preda all’entusiasmo cominciai subito a scrivere pagine a pagine, creando una moltitudine di personaggi e definendo l’ambientazione con numerosi dettagli.
Sotto la spinta dell’entusiasmo portai a termine la prima stesura nell’arco di alcuni mesi. Avevo scritto moltissimo, ma ben presto mi resi conto che ero andata avanti senza un progetto o una meta precisa. Avevo imbastito una trama inconsistente e confusa. Persino il genere era poco definito. Un fantasy? Un mystery? Non era chiaro neppure a me.
Feci diversi tentativi per revisionare quella prima versione, consapevole che non potesse funzionare, ma ogni volta incontravo mille difficoltà, fino a quando non decisi di mettere tutto da parte per dedicarmi ad altro.
Solo diversi anni dopo, a mente più lucida e con il dovuto distacco, ho realizzato che qualsiasi tentativo di revisione si sarebbe scontrato con un problema insormontabile: non avevo costruito una trama solida. Come si può restaurare una casa se le fondamenta sono fragili? È impossibile e anche inutile.
Grazie all’esperienza fatta con la costruzione di altri romanzi, ho ripreso il mano quella bozza e sono ripartita da zero, o quasi.
Mi sono chiesta: quali sono i punti fermi di questa storia? Quali gli elementi identificativi e irrinunciabili?
Ho messo a fuoco che la trama doveva ruotare intorno al gruppo rifugiato tra le colline, ma non era da lì che dovevo partire. Un lettore infatti non avrebbe compreso subito il senso di quel progetto. Non si sarebbe identificato con i personaggi, senza saperne abbastanza. Dovevo partire da un terreno più comprensibile e andare più indietro nel tempo. Perché il gruppo aveva accettato di isolarsi? Chi aveva ideato il piano? Come erano stati avvicinati?
Da quelle domande è nato un personaggio, Tommaso, l’uomo che aveva messo insieme il gruppo. Ho cominciato a vederlo con gli occhi di un lettore qualunque, con un alone di mistero e ambiguità, perché i gruppi spirituali spesso sono guardati con diffidenza, si assimilano alle sette e come tali scatenano molta paura.
Mentre ricostruivo la trama, ho fatto anche una selezione spietata dei personaggi, scartando quelli che non erano di alcun rilievo. E ho cominciato a ragionare sul protagonista. La prima stesura, infatti, era un romanzo corale dove più voci si alternavano, ognuna con il suo peculiare punto di vista. Ma ho capito che anche sotto questo aspetto la trama doveva essere ristrutturata a fondo. Serviva un vero protagonista, un personaggio che portasse avanti la storia, con il quale un lettore potesse identificarsi. Gli altri dovevano restare in secondo piano. Come “portavoce” ho scelto il personaggio di Flavio, che nella prima stesura era solo uno dei tanti. Mi è sembrato il più adatto in quanto figura che meglio incarnava il disagio esistenziale. Inoltre, la sua storia è sempre stata quella che più mi stava a cuore: che c’è di più romantico di un uomo che mette in discussione tutta la sua vita per una donna? E che per lei è disposto a qualsiasi cosa?
Questo aspetto “rosa” del romanzo mi sembrava da mettere in risalto. E così ho cominciato a dare più rilevanza anche a Lyra, la donna che appunto aveva sconvolto Flavio.
Tuttavia, occorreva anche un nemico, un antagonista. Cos’è una storia senza un vero conflitto? E dunque è nato l’Olimpo.
Armata di questi nuovi punti fermi, ho creato una seconda stesura. Durante questa riscrittura ho scoperto la grande importanza della pianificazione in un romanzo. Dopo aver individuato i nodi cruciali e i personaggi, è stato fondamentale per me lavorare con un piano ben preciso. Ogni scena doveva avere un suo perché (non come la prima volta, quando c’erano scene completamente inutili) e contribuire in modo significativo al viaggio verso la meta finale.
Creare uno storyboard mi ha anche aiutata a gestire l’intreccio, che si snodava su due piani temporali differenti, uno dedicato al passato e ai subplot, e l’altro al presente e al plot principale.
Ma anche questa seconda stesura non sarebbe stata quella definitiva. Grazie all’aiuto di vari beta reader ho potuto mettere a fuoco alcune debolezze della trama. E qui c’è stata un’altra svolta fondamentale. Un’amica lettrice mi ha fatto notare infatti che il finale era una fastidiosa “scivolata” fantasy. Un’altra lettrice invece osservò che gli antagonisti non avevano abbastanza peso nella vicenda e dunque la suspense veniva spesso a cadere. Queste due affermazioni mi hanno fatto capire che fino a quel momento non avevo definito abbastanza il genere nel quale ascrivere il romanzo. Per me è stata una svolta essenziale capire che volevo scrivere un thriller soprannaturale più che un fantasy. E in quanto tale doveva contenere una forte componente di mistero, il villain doveva essere più presente, più spaventoso, meno impersonale. Un gruppo di nemici fa paura, ma non tanto quanto una donna come Marcella, con un valido motivo per combattere…
Un altro passo importante è stato definire il climax. Affrontare i nemici sì, era importante, ma secondo me non era sufficiente. Dopo molto riflettere, ho capito che Flavio doveva affrontare anche se stesso… Ma qui mi fermo perché non voglio fare spoiler.
Da tutto questo è venuta fuori la versione definiva del romanzo.
Come potete vedere, “Come un dio immortale” non ha avuto una costruzione facile, né lineare. Di certo però queste traversie mi hanno trasmesso la consapevolezza che una trama non si improvvisa né tanto meno si costruisce mettendo un mattone sull’altro. Occorre un disegno, altrimenti si paga un prezzo molto alto, quello di impiegare quindici anni per scrivere un romanzo.
Ho imparato moltissimo da questo lavoro. E ne sono felice. Spero che potranno apprezzarlo anche i lettori.
La trama del romanzo
Aggredito in un parco cittadino, Flavio si risveglia nella baracca di una giovane senzatetto, Lyra. Dopo essersi presa cura di lui per tre giorni, la donna lo manda via in modo brusco.
Tornato a casa, per Flavio nulla è più come prima. Il rapporto con la fidanzata va a rotoli, mentre crescono la passione e l’ossessione per la misteriosa Lyra. Indagando, Flavio apprende che a sei anni è scomparsa da casa senza lasciare tracce. Il suo caso però non è l’unico in città. Negli ultimi vent’anni, altre sei persone sono sparite nel nulla, e tutte erano collegate a un noto scrittore dell’occulto.
Convinto che Lyra sia scappata da una setta, Flavio è deciso a liberarla dal suo oscuro passato. Ma quando scopre che dietro la sua storia si cela una verità del tutto diversa, comincia a capire di essere anche lui una pedina di un gioco più grande, iniziato cinquant’anni prima. Un gioco che si fa sempre più pericoloso e che lo costringerà a mettere in dubbio tutto ciò che sa della sua vita e della realtà che lo circonda.
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GRATIS con Kindle Unlimited
I primi capitoli sono liberamente scaricabili da qui: http://bit.ly/2yEF0Z9
Tappe precedenti:
– 10 aprile Myrtilla’s house di Patricia Moll – Presentazione del romanzo https://hermioneat.blogspot.it/2018/04/il-blog-tour-di-maria-teresa-steri.html
– 15 aprile Liberamente Giulia di Giulia Mancini – I personaggi del romanzo http://liberamentegiulia.blogspot.it/2018/04/blog-tour-come-un-dio-immortale-i.html
– 20 aprile Mite Ink di Renato Mite – Dialogo sul romanzo http://www.miteink.it/2018/04/20/dialogo-come-dio-immortale/
– 24 aprile Storie e fantasia di Gabriele Pavan – Intervista http://storieefantasia.blogspot.it/2018/04/blog-tour-come-un-dio-immortale.html
– 27 aprile Drama Queen di Elisa Elena Carollo – Lettura del capitolo 3 http://www.dramaqueen.it/2018/04/come-un-dio-immortale-maria-teresa-steri.html
– 3 maggio Marco Freccero – I luoghi del romanzo: la città anonima https://marcofreccero.wordpress.com/2018/05/03/blog-tour-come-un-dio-immortale-i-luoghi-del-romanzo/
– 9 maggio Svolazzi e Scritture di Nadia Banaudi – I luoghi del romanzo: Valdiluna http://www.nadiabanaudi.it/blog-tour-come-un-dio-immortale-i-luoghi-del-romanzo-valdiluna/
– 15 maggio Io, la letteratura e Chaplin – Lyra https://iolaletteraturaechaplin.blogspot.it/2018/05/blog-tour-come-un-dio-immortale-lyra.html
– 25 maggio Lettore Creativo di Silvia Algerino – Curiosità sul romanzo (1)
http://www.silviaalgerino.com/blog/
Renato Mite dice
Interessante questa genesi del romanzo. Sottolinea che se una storia è valida e pulsa per uscire allo scoperto, l’autore trova il modo di metterla nero su bianco, ma pure che un po’ bisogna pianificare. Anche a me capita di riconsiderare come ho scritto una storia e apprendere qualche utile lezione dal processo, è così che si migliora.
Maria Teresa Steri dice
C’è sempre da imparare, infatti. Vorrei poter dire che dopo tre romanzi so come si pianifica una storia, ma purtroppo non è così. Penso però che ogni volta si diventi un po’ più consapevoli dei processi creativi e di come metterli nero su bianco. Non sarà mai una passeggiata (non per me almeno), ma è confortante sapere che si può crescere ogni volta un pochino.
Grazie per il tuo commento, Renato!
Giulia Mancini dice
È molto suggestivo il fatto che Valdiluna ti sia stata suggerita da un sogno, davvero fantastico! Hai fatto davvero un gran lavoro, sicuramente la prima stesura ti è comunque servita come base della storia, anche se è rimasta in attesa 15 anni. Il risultato ha dimostrato che ne è valsa la pena.
Io ho scoperto l’importanza della programmazione con il giallo, invece confesso che per i romanzi d’amore non ho programmato molto, però avevo uno schema dei principali eventi intorno ai quali costruire la trama, però più il romanzo è lungo e complesso, più serve programmare e, comunque, influisce molto anche il genere.
Maria Teresa Steri dice
Eh sì, con i gialli si deve avere ogni elemento sotto controllo. Infatti la parte “gialla” di questo romanzo ha richiesto tantissimo tempo, in modo particolare ricordo di esserci stata svariate settimane sui capitoli dopo l’omicidio di M., ogni tanto mi veniva in mente un dettaglio che avevo trascurato e dovevo rimetterci mano. E’ complicato, ma da anche tante soddisfazioni, no? Grazie Giulia!
Grazia Gironella dice
La genesi di questo romanzo è davvero interessante, e mette in evidenza problemi che ogni autore incontra, prima o poi. Quando sento dire che la pianificazione è una restrizione, che la storia deve uscire di getto, resto sempre con l’impressione che vengano confuse la scrittura istintiva, rivolta essenzialmente a sfogarsi ed esprimere se stessi, con la scrittura che vuole raccontare una storia ai lettori. Senza riflessioni e scelte precise, il romanzo può nascere comunque, ma la qualità non può non risentirne. Sarebbe un po’ come pretendere di buttare degli ingredienti a ispirazione nel mixer per fare una torta! Quando hai dei punti fermi per la storia, allora sì, puoi scrivere di getto una prima stesura; di getto, perché sai dove stai andando. Siamo tutti diversi, naturalmente, ma io la vedo così.
Maria Teresa Steri dice
Bellissimo il tuo paragone con il fare una torta, sposo in pieno il tuo pensiero. Io sono giunta alla conclusione che la progettazione possa essere un lavoro molto creativo se non si è troppo “cerebrali” nel portarla avanti. Pare anche a me che la scrittura istintiva sia troppo sopravvalutata, per lo meno si dovrebbe fare una distinzione tra scrittura ispirata e scrittura destinata a sfogarsi e basta. Comunque avere dei punti fermi è fondamentale per scrivere una storia, anche breve. Grazie per il commento, Grazia!
Rosalia Pucci dice
La tappa di quest’oggi, volta a svelare il lavoro certosino di Maria Teresa, è senz’altro da tenere a mente. Capire come si muove Maria Teresa nel costruire una trama così complessa è stato sempre il mio pallino, tanto che gliel’ho chiesto più volte. Oggi ho compreso da dove è partita e tutto il lavoro di perfezionamento che sta dietro a un romanzo monumentale. Sono ammirata;)
Maria Teresa Steri dice
Grazie Rosalia! Come hai visto non c’è poi una risposta semplice alla tua domanda e di sicuro non consiglierei a nessuno di impiegare così tanto tempo per un romanzo (anche se in realtà nel frattempo ne ho scritti altri due). Le trame complesse a me piacciono, ma richiedono tantissimo lavoro di progettazione, devi fare tanti schemi per non perderti niente per strada, alla fine mi domando quanto ne valga la pena. Anche perché non sono in tanti ad amare libri di oltre 500 pagine!
Silvia Algerino dice
Ormai sono del tutto convinta che solo una mente geniale può riuscire a costruire una buona trama senza utilizzare una storyboard, oppure una persona dotata di una memoria non comune e, quindi, in grado di tenere a mente i vari pezzi senza perdersi. Io certamente non faccio parte di nessuna delle due categorie, quindi avrò sempre bisogno di progettare su carta. Che poi, a dire il vero, è una cosa che mi piace tantissimo fare.
15 anni non sono pochi, ma non mi stupisce. I miei tempi non sono affatto più rapidi.
Serena dice
A me è successo una volta. Di costruire un lavoro complesso senza programmarlo. 40 capitoli scritti uno alla settimana. Ma… *confessione pubblica* era una fanfiction. Avevo già i personaggi. Sapevo esattamente da dove partivo e dove volevo arrivare. No, a dire il vero sapevo anche più o meno come arrivarci. Scrivevo all’incirca un capitolo alla settimana e – dicono – il tutto è venuto piuttosto bene. Buck e Notte, un parto trigemino.
Però anche la scrittura di getto è tanto tanto bella… mi è successo con qualche racconto e con il primo capitolo di Buck, ho solo scritto quello che vedevo.
Maria Teresa Steri dice
Anche a me non dispiace progettare, anche se poi mi capita spesso di avere delle idee mentre scrivo e cambiare rotta. Secondo me tanti odiano programmare perché la sentono come una forzatura, come qualcosa di rigido, ma in realtà è un lavoro creativo anche questo. Per il resto, io ho una buona memoria per queste cose, eppure ho capito che una cronologia ben precisa e una storyboard ti facilitano enormemente il lavoro ed evitano di dover rifare il lavoro cento volte!
Grazie Silvia!
Nadia dice
15 anni sono una bella dimostrazione di pazienza. E se la colpa è della mancata costruzione della trama a priori è certo anche una bella lezione. Credo non sia facile però bloccarsi quando l’ispirazione è così forte da trascinarti nella scrittura. Io mi ci ritrovo tantissimo in wuesta situazione che hai raccontato e lo ammetto è davvero molto più complicato poi rimettere le mani nel pezzo.
Serena dice
Giulio Mozzi dice in uno dei suoi video “la scrittura è appiccicosa” e una volta tanto si trova d’accordo… In scrittura non si butta niente, a me è successo di riutilizzare dopo anni dei pezzi che avevo tenuto da parte. In un certo contesto non potevano stare, in altri andavano bene. Però un romanzo è una cosa troppo complicata per farlo e disfarlo. Almeno la tela di Penelope era una cosa tutta dritta… Lei se lo poteva permettere di fare e disfare, un romanziere solo se ha taaaaaaaaaaanto tempo libero oppure è un po’ masochista XD
Maria Teresa Steri dice
Fare e disfare un romanzo è uno stress incredibile, quindi spero che questa sia la mia unica esperienza in questo senso! E’ vero come dice Nadia che l’ispirazione a volte ci trascina e quindi non ci preoccupiamo nella struttura, anche a me succede. Quello che ho sicuramente imparato a questo proposito è di fare comunque degli schemi durante la scrittura di getto, in modo da non perdere la visione d’insieme e non dimenticare l’obiettivo. Alla fine secondo me è possibile coniugare ispirazione e programmazione, ma certo non è facile. Grazie Nadia!