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Serena Bianca De Matteis

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Autore Indie, su la testa: Il Manifesto del Self-Publishing

14 Settembre 2015 di Serena 26 commenti

Dovevo pubblicare mercoledì (e infatti pubblicherò mercoledì, comincerò una serie sul marketing). Ma poi non ho resistito a questa piccola “edizione straordinaria”. Perché finalmente la signora Orna Ross, presidente dell’ ALLi, ha pubblicato quattro interessanti parole che ogni autore autopubblicato dovrebbe almeno leggersi. Per rifletterci su. Mettersi al lavoro. E tirare su la testa

Trovate qui di seguito la traduzione in italiano. Buon lunedì 🙂

Self-Publishing

Un manifesto per gli autori in self-publishing

Io  sottoscritto dichiaro:
Che mai rinuncerò alle migliori opportunità di pubblicazione per gli autori e non permetterò l’industria editoriale di rinnegare le proprie responsabilità verso scrittori e lettori.
Pubblico i migliori libri di cui sono capace. Prima di farlo, ho imparato a soddisfare gli standard della pubblicazione industriale nella progettazione, formattazione, produzione, marketing e promozione del mio libro, e in seguito ho pensato a come spingermi in modo creativo oltre questi limiti. Nel fare del mio meglio, mi do anche il permesso di commettere errori, fallire, riprovare e «fallire meglio».
Pubblico in tutti i formati e sul maggior numero di piattaforme in cui mi sia possibile, a mio vantaggio e a vantaggio della salute economica del settore nel suo complesso.
Riconosco che il successo dell’autore e della pubblicazione dipende dal digitale, e che la tecnologia POD (Print On Demand, n.d.r.) e la distribuzione nelle librerie fisiche non consente ancora ai self-publisher vendite profittevoli nel cartaceo (tranne forse nelle edizioni Premium, vendute direttamente on-line). Rivolgo, pertanto, la mia attenzione in primo luogo agli ebooks e subito dopo agli audiolibri, fino al momento in cui la tecnologia della stampa e le possibilità di distribuzione serviranno al meglio gli autori autopubblicati. Ritengo che la stampa potrebbe, per il momento, essere più utilmente trattata come un diritto secondario (da cedere a un editore tradizionale, modello Howey, n.d.r. )
Non chiedo a nessuno il permesso di pubblicare, né una pacca sulla spalla, né un contratto che offende le mie competenze e il pubblico dei lettori. Invece, pongo domande sul modo in cui i servizi editoriali a pagamento e gli editori commerciali potrebbero meglio sostenere gli autori e servire i lettori.
Riconosco che sono più agile e più vicino al lettore di ogni altro operatore del settore. Comprendo che ciò mi dà più potere di qualsiasi altra parte in causa individuale nel mercato editoriale (anche se solo nel caso in cui io questo potere me lo prenda). Posso permettermi di essere tollerante verso coloro che si sentono minacciati dal self-publishing. Posso permettermi, più di chiunque altro, di ripensare il “libro”, e che cosa significhi “pubblicare” e “essere un editore”.

Sono orgoglioso del mio status di autore auto-pubblicato.

Porto questo orgoglio in tutti i miei rapporti con gli altri professionisti dell’editoria, per il mio vantaggio e quella di altri autori e lettori.

I grassetti sono miei. E ora, a voi la parola.

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Interazioni del lettore

Commenti

  1. Maria Ivana dice

    27 Settembre 2015 alle 18:34

    Ho condiviso il Manifesto(twitter).
    Dopo una iniziale esperienza con l’editoria ufficiale (Mursia ed altri), da qualche tempo, nella mia attività di scrittrice, faccio tutto da sola: scrittura, editing, cover, stampa in proprio e, per quel che posso, diffusione mediatica.
    In digitale (Amazon), in cartaceo (CreateSpace, ilmiolibro).
    Solo per la traduzione di uno dei miei libri inglese mi sono rivolta ad un esperto madre-lingua.
    Tutto questo per mettermi alla prova e valorizzare la mia indipendenza.
    Com’è andata a finire?
    Nè male, nè bene. Sono in stand-by e attendo fiduciosa.
    Quo usque tandem?
    Ecco qualche link per chi volesse darmi qualche consiglio:
    https://www.amazon.it/dp/B00GUPFTYQ
    http://ilmiolibro.kataweb.it/schedalibro.asp?id=1123419

    Rispondi
    • Serena dice

      27 Settembre 2015 alle 19:27

      Ciao Maria Ivana, prima di tutto benvenuta nel blog 🙂 Allora, ho provato a cercarti su Google e ho visitato sia il link dal tuo avatar, sia il tuo blog. Diciamo che per la tua piattaforma online abbiamo molti margini di miglioramento XD. Qui non faccio consulenze individuali, ma un consiglio mi sento di dartelo: lavora sulla tua presenza in Internet. I tuoi siti hanno una grafica e un’impostazione che non incoraggia l’interazione con i tuoi lettori e, dal punto di vista del traffico, sono quasi morti.
      Scrivi per una nicchia abbastanza specifica che di solito non attira la massa dei lettori; proprio per questo secondo me ti è necessario essere facilmente reperibile sul web. Le cose che si possono fare sono molte.
      Grazie per avere condiviso il Manifesto, e buona fortuna per la tua scrittura 🙂

      Rispondi
  2. assunta dice

    17 Settembre 2015 alle 12:31

    Sottoscrivo ogni parola di questo manifesto e ribadisco che purtroppo in Italia la situazione è disastrosa… sono reduce da una discussione di tesi proprio sul fenomeno del Self publishing e le conclusioni attestano che nel Bel Paese siamo ancora lontani anni luce dal mercato editoriale americano, come autrice self inoltre confermo la diffidenza dei lettori, ancorati al cartaceo, che non acquistano ebook sia perchè ancora indissolubilmente legati al “profumo della carta” sia perchè digitalmente poco evoluti. Le case editrici che ho intervistato nell’ambito della mia ricerca, hanno un rapporto conflittuale con gli autori emergenti, se da una parte attingono proprio a questo bacino per incrementare i loro cataloghi, dall’altra in un certo senso ne temono la concorrenza e hanno una scarsa considerazione verso i contenuti creati dagli autori indie. Credo che l’unica strada da perseguire sia quella della qualità e dell’impegno nel cercare di produrre qualcosa di veramente competitivo, mettendo da parte le case editrici che chiedono contributi e gli sciacalli che cercano di lucrare sulla buona fede degli autori… certo è praticamente impossibile occuparsi di tutti gli aspetti, soprattutto riguardo al marketing occorre avere determinate competenze, bisogna quindi affidarsi a professionisti seri e investire risorse di economiche per rispetto verso i lettori. Mi è capitato di leggere anche trash publishing e questo tipo di atteggiamento danneggia tutta la categoria! Iniziamo col cercare di cambiare soprattutto i pregiudizi, ma possiamo farlo soltanto impegnandoci sul serio…

    Rispondi
    • Serena dice

      17 Settembre 2015 alle 14:13

      Ciao Assunta, benvenuta! La tua tesi è visibile online da qualche parte? Mi piacerebbe tantissimo leggerla 😀
      E sottoscrivo tutto quello che dici, al 100%, in particolare il bisogno, che evidenzi, di alzare la qualità dei lavori pubblicati.
      Grazie per il commento 🙂

      Rispondi
  3. Cristina Arnaboldi dice

    17 Settembre 2015 alle 9:48

    L’avevo letto in inglese e ora apprezzo la tua traduzione. Difficile non sottoscrivere ogni singolo punto ma a me personalmente ha fatto estremamente piacere la parte riguardante l’orgoglio.
    Qui in Italia, andrebbe sottolineata e ripetuta almeno una volta al giorno, perché sono troppi gli “addetti ai lavori” che continuamente denigrano il lavoro dei self sui media partendo da pregiudizi e generalizzazioni, e troppi gli autori che ancora si vergognano di avere pubblicato da self.
    Forse aggiungerei l’orgoglio di avere la validazione di un pubblico di lettori invece che quello di un singolo editor.

    Grazie mille per la traduzione Serena!

    Rispondi
    • Serena dice

      17 Settembre 2015 alle 14:09

      Ciao Cristina, bentornata 🙂
      L’orgoglio è un punto fondamentale anche per me. Potrei mettermelo in tasca per una montagna vergognosa di soldi, come dicevo ad Alessia XD ma solo perché poi così mi licenzierei e scriverei a tempo pieno XDDD
      Comunque sono anche i self che devono difendere la categoria, producendo opere di qualità. Per me editing e copertina professionali non sono negoziabili, se no è sicuro che si rischia di farsi ridere dietro e di danneggiare seriamente la categoria.
      Ma grazie a te, cara, per la condivisione e il supporto :*

      Rispondi
  4. Alessia Savi dice

    16 Settembre 2015 alle 13:17

    Okay, è tutto così vero che non c’è molto altro da aggiungere.
    Il problema che “soddisfare gli standard dell’editoria tradizionale” è una cosa che moltissimi autori dimenticano. E, in secondo luogo, dipende anche da quali standard si prendono in considerazione, considerando la miseria che circola.
    Il resto sono cose su cui ho riflettuto a lungo e sulle quali qualunque autore (non necessariamente self) dovrebbe fermarsi a ragionare.
    Saresti davvero disposto a sacrificare il tuo finale per un editore di fama nazionale?

    Rispondi
    • Serena dice

      17 Settembre 2015 alle 13:28

      Se mi paga UNA MONTAGNA VERGOGNOSA DI SOLDI forse sì. Con quelli poi mi finanzierei la pubblicazione indipendente di tutti gli altri romanzi, con un impianto marketing da urlo 😀
      …in tutti gli altri casi, no. No e poi no. Mi sono già venduta una volta, professionalmente parlando, al miglior offerente che forse per me non era il miglior acquirente. Una volta basta.

      Rispondi
  5. Sonia dice

    15 Settembre 2015 alle 9:10

    Aggiungo solo che una manifesto del self-publishing era già stato proposto da Mark Coker, fondatore di Smashwords http://blog.smashwords.com/2014/04/indie-author-manifesto.html
    e molti degli assunti sembrano combaciare.

    Rispondi
    • Serena dice

      15 Settembre 2015 alle 9:24

      Uh, grazie, Sonia! Mark Coker lo conosco e lo seguo da un po’, e anche Derek di Creativindie che ha creato l’infografica. Il manifesto però mi era sfuggito, ad aprile 2014 purtroppo mi chiedevo ancora che strada prendere :). Lo inserisco nei pezzi da tradurre al più presto. Bello bello. Quello di Orna Ross, però, credo abbia più impatto perché giunge dopo eventi come il ritorno di Jamie McGuire al self, il suo contratto con Walmart e il primo bestseller in POD. Avanti così 😀

      Rispondi
      • Sonia dice

        15 Settembre 2015 alle 17:32

        Avanti!

        Rispondi
  6. Daniele dice

    14 Settembre 2015 alle 14:36

    Interessante di sicuro e da sottoscrivere.
    Non sono molto d’accordo sul contratto che offende le proprie competenze. Dipende dal contratto. Oppure non ho capito cosa intende.

    Rispondi
    • Serena dice

      14 Settembre 2015 alle 22:40

      Sono d’accordo, dipende dal contratto e anche a me risultava poco chiara quell’affermazione. Credo intenda dire che un contratto capestro offende un autore e lo vincola troppo nelle sue scelte, come fosse un inetto incapace di prendere delle decisioni.
      (però io sono solo un’umile traduttrice, bisognerebbe chiedere a lei 🙂 )

      Rispondi
      • Marco Amato dice

        14 Settembre 2015 alle 23:05

        Credo che sul contratto intenda dire due cose. La prima è quella accennata da te. Ma nel senso che nel pensiero Indie tutti i contratti editoriali sono capestro. E questo è indubbiamente vero. Ma essendo ormai in sciopero dai commenti 😀 con deroga solo a questo, non spiego perché tutti i contratti sono capestro. Tu tanto lo sai. 😉

        Ma la seconda cosa che intende è molto più sottesa: non la comprendiamo perché non conosciamo il background americano che lei ormai dà per assodato.
        Ovvero l’autore Indie si avvale di tutti i servizi editoriali esterni compresa la pubblicazione cartacea con gli editori. Ma separando i diritti.
        Cioè se io autore Indie mi faccio carico di tutti i costi: editing, copertina, correzione bozze, la maggior parte della promozione, tu editore non puoi pretendere più di tanto. Allora a te editore io cedo i diritti soltanto per la versione cartacea che tu distribuisci in libreria e io autore mi tengo tutti gli altri diritti: ebook, audiobook, traduzioni estere, diritti cinematografici.
        Da questo punto di vista, l’editore viene visto come un partner dell’autore Indie, alla stessa stregua di Amazon.
        Gli editori stanno a questo?
        No di certo, nella norma. Ma anche loro vanno in deroga con gli scrittori best seller tipo Hugh Howey.
        A dire il vero per cercare di spezzare questo modello, i big five americani, stanno provando a comprare letteralmente gli Indie offrendo contratti milionari per aggiudicarsi tutto il pacchetto dei diritti. Ultimamente hanno provato questa soluzione con Ag Riddle. Ma non so se è andata in porto.
        Gli editori americani vogliono stroncare i modelli degli scrittori Indie, puntando con l’arma più convincente che esista: il denaro. Lì c’è la guerra, mica bruscolini.
        Ufficialmente in sciopero da commenti. 😉

        Rispondi
        • Serena dice

          14 Settembre 2015 alle 23:28

          La loro arma è il cartaceo. Una volta che perdono quello che è in pratica un monopolio, sai che casino? La catena è lunga, ci perderebbero tutti. Ci guadagnerebbero solo gli autori 😀
          Un paio di settimane fa in cima alla classifica assoluta di Amazon US c’era un libro Indie per bambini in POD: un evento da celebrare, e infatti in molti hanno stappato lo champagne.
          E se fai lo sciopero dei commenti qui da ma me io mi offendo 🙁

          Rispondi
          • Marco Amato dice

            14 Settembre 2015 alle 23:41

            Ops, si offende…
            Derogo ancora.
            A proposito di cartaceo, hai visto l’ultimo post di Howey?
            Celebra un nuovo miglio degli scrittori Indie.
            Jamie McGuire, la scrittrice Indie più venduta in assoluto in Usa (roba Romance rosa rosa che io non riuscirei a leggere) ha siglato un accordo tramite Create Space (ma il mio inglese non mi ha fatto comprendere i termini esatti) in cui la versione cartacea del suo romanzo verrà venduta presso Walmart, la più grande catena di ipermercati Usa.
            E’ la prima scrittrice Indie a finire negli ipermercati.

            Rispondi
            • Serena dice

              14 Settembre 2015 alle 23:57

              Sì, ho letto, è quella di “Uno splendido disastro”.
              *sospiro*
              Dicevi bene tu, da qualche parte: ne basterebbe uno qui da noi con lo stesso successo e… Bon. Meglio se vado a dormire, così sogno meglio 😀

              Rispondi
        • sandra dice

          15 Settembre 2015 alle 7:41

          Questo è un problema vero, cedi i diritti in toto, poi l’editore non fa l’e-book, perché non è al passo con i tempi e tu non puoi farlo con altri. Capitato, capitato anche questo. Vabbe’ a me sta capitando di tutto, complice la mia scelleratezza, chiaro.

          Rispondi
  7. sandra dice

    14 Settembre 2015 alle 11:04

    WOW io come sai sono ancora in fase medidativa, ma di certo riconosco il valore di queste affermazioni. Ma due righe sul nostro incontro? 🙁

    Rispondi
    • Serena dice

      14 Settembre 2015 alle 22:38

      Già ti dissi, di là a casa tua <3 Per chi non sapesse: la Sandra ed io ci siamo incontrate martedì scorso, e io personalmente ho deciso che andrò a tormentarla ancora, fin quando non si stuferà di me :D. Qui un resoconto completo dell’evento.
      Quanto al self… Il manifesto dice che non bisogna rinunciare alle opportunità più favorevoli al proprio lavoro e alla propria affermazione. Come dicevo al Ramingo qui sotto: se un contratto è vantaggioso, perché rifiutarlo? L’importante è che sia vantaggioso 🙂 E di diritti ne abbiamo parlato in diretta. Si fa esperienza 🙂

      Rispondi
  8. Marco Amato dice

    14 Settembre 2015 alle 10:02

    Oh che bella sorpresa. Se vuoi pubblicare un’edizione straordinaria ogni lunedì, io giuro che non mi offendo. 😀

    Beh che dire, ogni mio commento sugli enunciati è superfluo. E’ la base su cui si fonda il pensiero degli scrittori Indie americani. Per molti italiani è roba incomprensibile. Ma è naturale, ci arriveremo.
    Però… nutro, a pelle, un’avversione ai manifesti.
    I manifesti ideologici proprio non mi piacciono. Perché le ideologie (come le religioni) impongono di smettere di pensare con la propria testa. E io non so rinunciarci al mio pensiero libero e pirata. 😉
    P.s. sai che ho concepito un articolo dove paragono gli scrittori Indie a… xxx (censura).
    Mi piace molto il paragone, nemmeno in made Usa hanno pensato a tale paragone storico che calza a pennello e fa smarrire la mente alle sette di contrari al self. 😀

    Rispondi
    • Serena dice

      14 Settembre 2015 alle 22:27

      Ciao, Ramingo. Lo sapevo che a te sarebbe piaciuto. Verrà un momento in cui queste cose sembreranno ovvie 🙂 Comunque preciso: io non penso che qualunque contratto di pubblicazione tradizionale debba essere per forza rifiutato. Penso che qualunque contratto non vantaggioso debba essere rifiutato, tutto qui. Poi personalmente la cosa che mi spaventerebbe di più è la cessione dei diritti. La perdita di controllo su una mia “creatura”. Dovrebbero darmi veramente tanti, taaaaaaaaaaanti soldi 😛 e dubito possa mai accadere.

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    28 Aprile 2017 alle 14:06

    […] Così imparo ad accontentarmi. Non è etico accontentarsi e, soprattutto, non è etico arrendersi ad un prodotto mediocre per una che va sostenendo a spada tratta la pubblicazione Indie. […]

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  2. La storia dietro alla storia: la pubblicazione di Buck ha detto:
    8 Luglio 2016 alle 18:26

    […] Nah. Non ci ho pensato nemmeno cinque minuti. Poi per l’amor di dio, se un domani piovesse dal cielo un contratto interessante, perché no. Ma sapete tutti come la penso, quindi è inutile ripetermi. […]

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  3. La tua definizione di successo - Serena Bianca De Matteis ha detto:
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    […] self publishing il self publishing. Bisogna chiamarlo pubblicazione indipendente. Bisogna definirsi autori indipendenti, o Indie se vi piace di più. E cambiare mentalità. Ma di questo parleremo […]

    Rispondi
  4. Self Publishing - Creazione e Distribuzione Libri ed Ebook | Self Publishing Digest – Dai blog (29/08 – 19/09) ha detto:
    18 Settembre 2015 alle 12:29

    […] Riconosco che sono più agile e più vicino al lettore di ogni altro operatore del settore. Da Il manifesto del Self Publisher di Serena Bianca De […]

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